Sintomi Meniscopatia

Quando si parla di meniscopatia, si fa riferimento ad una patologia che coinvolge l’articolazione del ginocchio e, in modo particolare, i menischi.

I menischi sono due piccole strutture in fibrocartilagine che presentano una peculiare forma a C e che sono situati tra i condili femorali e la tibia.

Questi sono composti da una cartilagine fibrosa di colore biancastro, la quale si presenta molto resistente alle sollecitazioni meccaniche.

Si distingue tra menisco mediale o interno, che ha la forma di una mezza luna e a carico del quale può svilupparsi una meniscopatia mediale, e menisco laterale o esterno dalla forma più circolare, il quale è soggetto a meniscopatie di tipo laterale.

La meniscopatia è una patologia che si sviluppa quando il ginocchio subisce una serie di lesioni, può presentarsi in pazienti di qualsiasi età e tende ad avere un’incidenza maggiore tra i soggetti che praticano sport.

Questo tipo di patologia può avere natura traumatica o natura degenerativa: nel primo caso, si tratta di una problematica che colpisce in particolare sportivi e individui in giovane età e che si sviluppa come conseguenza di una sollecitazione eccessiva del menisco che produce un danno a suo carico; nel secondo caso, la patologia colpisce i soggetti di età più avanzata e deriva dall’usura del tessuto meniscale, dovuta ad una progressiva degenerazione dello stesso.

Meniscopatia sintomi

Il sintomo caratteristico che indica la presenza di una meniscopatia è il dolore, il quale, in una fase iniziale e in caso di lesioni meniscali lievi, può anche non comparire, ma presentarsi solo dopo qualche tempo.

In altri casi ancora, invece, il dolore compare o si intensifica solo quando si compiono determinati movimenti.

In generale, dolore può arrivare ad essere avvertito anche in modo costante o durante lo svolgimento di semplici movimenti quotidiani che coinvolgono l’articolazione del ginocchio, come salire o scendere le scale, o durante l’esecuzione di esercizi specifici, come gli squat.

Tuttavia, esistono altri sintomi che possono essere indici di una meniscopatia in atto, quali:

  • gonfiore;
  • riduzione della mobilità articolare, il cosiddetto ginocchio bloccato, che porta il paziente ad avere importanti difficoltà nell’ esecuzione dei movimenti di estensione e di chiusura del ginocchio;
  • riduzione della forza muscolare con ipotrofia del quadricipite;
  • rigidità dell’articolazione;
  • scricchiolio dell’articolazione.

In particolare, il dolore è diverso a seconda della sede dell’infiammazione, per cui, se coinvolge il menisco laterale, allora il dolore si sviluppa nella parte esterna del ginocchio; invece, se interessa il menisco mediale, allora viene avvertito nella parte interna.

Menisco infiammato

Il menisco infiammato è una condizione che può interessare di frequente l’articolazione del ginocchio.

Infatti, oltre alla cartilagine articolare, una componente importante presente al suo interno è il menisco, ossia dei cuscinetti di fibrocartilagine a forma di C, ossia una cartilagine più fibrosa e dura.

Il menisco consente un corretto movimento delle superfici articolari e costituisce uno scarico del peso corporeo che grava sulla cartilagine dell’articolazione.

La forma a C dei menischi permette una maggiore congruenza delle superfici articolari tra loro: questi si attaccano sul piatto tibiale tramite due corni, uno posteriore e uno anteriore.

Il menisco esterno o laterale si presenta come più aperto, copre una maggiore superfice all’interno dell’articolazione e ha una mobilità inferiore rispetto al menisco interno o mediale.

Il menisco interno o mediale ha una forma più chiusa, presentandosi quasi come un cerchio, è più mobile e, quindi, anche più facilmente soggetto a lesioni o rotture.

Durante l’esecuzione del movimento dell’articolazione del ginocchio, il menisco di ogni ginocchio segue i condili femorali.

In tale struttura, è facile che possano verificarsi delle meniscosi, ossia una lesione meniscale a carico del corpo meniscale o dei corni di inserzione.

Questo tipo di patologia può colpire ogni soggetto di qualunque età e può derivare da predisposizione genetica, da un trauma o da un processo degenerativo dell’articolazione.

Quando si tratta di lesioni dovute a trauma, queste si verificano a causa di un movimento troppo rapido e brusco, che i menischi non riescono a seguire e ad assecondare in tempo, restando bloccati nell’articolazione.

Menisco infiammato sintomi

Il primo sintomo di un’infiammazione meniscale è il dolore al menisco e al ginocchio.

Ad esso può accompagnarsi la sensazione di una rottura o della presenza all’interno del ginocchio di un corpo estraneo.

In alcuni casi, compare anche un’infiammazione della zona sinoviale, con gonfiore articolare, limitazione funzionale dei movimenti e formazione di liquido sinoviale nel ginocchio.

Nel casi più importanti, inoltre, la lesione del menisco può causare la fuoriuscita o lo spostamento di una parte del menisco rispetto alla sede anatomica: ciò causa un blocco articolare e il paziente non riesce a piegare né a stendere del tutto il ginocchio.

Menisco infiammato rimedi

Per guarire in modo adeguato da un’infiammazione del menisco, è importante scegliere il giusto trattamento in base al tipo di paziente e al tipo di lesione.

Un tutore può essere adatto nella fase acuta.

Terapia manuale

La terapia manuale è quasi sempre il primo approccio in caso di menisco infiammato e viene svolta in combinazione con una terapia strumentale, come laser terapia, tecar o infiltrazioni.

La massoterapia per il ginocchio prevede l’esecuzione di massaggi che hanno lo scopo di migliorare le condizioni del paziente attraverso tecniche specifiche, quali:

  • tecnica dell’impastamento, che richiede molta energia e che prevede il sollevamento e lo spostamento del muscolo in modo trasversale; l’impastamento aiuta la ripresa del flusso sanguigno locale e la tonificazione del muscolo; la manovra può essere profonda, quando riguarda la parte muscolare e i tessuti molli, o superficiale, quando interessa la cute e la parte sottocutanea;
  • tecnica della frizione, che mira a mobilizzare e a ossigenare i tessuti e a favorire la vascolarizzazione; con questa manovra si interviene sulla cute, facendola scorrere nella zona sottocutanea;
  • tecnica dello sfioramento, che comprende manovre da eseguire ad inizio e a fine trattamento; queste consistono in una leggera pressione della mano sulla pelle per dare al paziente un senso di calma e di distensione; tale tecnica agisce sulle terminazioni nervose;
  • tecnica della percussione, che prevede picchiettamenti rapidi e ripetuti da eseguire con movimenti delle dita di diversa intensità; dita e mano vanno posizionati in modo diverso in base a se si voglia raggiungere un effetto calmante o stimolante; lo scopo è quello di migliorare il metabolismo dei muscoli e di lavorare in modo indiretto anche sul sistema nervoso del paziente;
  • tecnica della vibrazione, che prevede movimenti veloci ed energici per eliminare le aderenze tra i muscoli.

Laser terapia

La laserterapia è particolarmente utile in caso di infiammazione e dolore al ginocchio. 

Si tratta di un trattamento non invasivo capace di dare risultati immediati e risolutivi.

Il raggio laser a contatto con i tessuti biologici del ginocchio produce una serie di benefici:

  • un effetto antalgico;
  • un effetto antinfiammatorio;
  • un effetto drenante;
  • un effetto biostimolante;
  • un effetto antiedemigeno.

Tecar terapia

Tecar terapia Human Tecar Ryakos

La tecarterapia per il trattamento di un’infiammazione del ginocchio si presenta come un trattamento di tipo conservativo molto efficace.

Grazie alla sua azione, infatti, favorisce il drenaggio dei liquidi in eccesso e la riattivazione del microcircolo locale.

Inoltre, ha un effetto antalgico e antinfiammatorio, che permette di ridurre il gonfiore, il dolore e l’edema, favorendo così una più rapida ripresa della mobilità e migliorando i movimenti di flessione e di estensione del ginocchio.

Infiltrazioni di acido ialuronico

Le infiltrazioni di acido ialuronico aiutano la cartilagine a sostenere meglio lo stress articolare in seguito ad un intervento di meniscectomia totale. 

Inoltre, le infiltrazioni favoriscono la funzionalità dell’articolazione lubrificando i due capi ossei e nutrendo la cartilagine.

Quando l’infiammazione ha carattere degenerativo, l’acido ialuronico è fondamentale, in quanto permette una buona lubrificazione e un’adeguata protezione dei tessuti.

In genere, si ricorre a questa terapia quando ci si trova di fronte a pazienti che non rispondono alla terapia farmacologica o a pazienti per i quali sono controindicati i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS).

Condropatia femoro tibiale: sintomi e cura

La condropatia femoro tibiale è una patologia che coinvolge la cartilagine presente tra le superfici articolari di femore e tibia: questa tende ad usurarsi rapidamente sotto carico.

Si tratta di una sindrome che ha un’incidenza maggiore nei soggetti sportivi e in coloro che svolgono determinate attività professionali, ma anche nei soggetti sedentari o sovrappeso.

In sostanza, questa si verifica quando vi siano situazioni ripetute nel tempo che comportano un sovraccarico funzionale dell’articolazione del ginocchio.

La condropatia può essere di due tipi: condropatia femoro rotulea e femoro tibiale, a seconda che intacchi la rotula o femore e tibia.

Inoltre, la condropatia può avere origine traumatica, infiammatoria o degenerativa: in quest’ultimo caso si parla di condropatia degenerativa femoro tibiale.

Condropatia femoro tibiale sintomi

La condropatia femoro tibiale presenta alcuni sintomi specifici, quali:

  • dolore localizzato;
  • suono simile ad uno scricchiolio durante il movimento di flessione ed estensione del ginocchio;
  • necessità di raddrizzare la gamba.

In alcuni casi, il dolore non è localizzabile in modo preciso, mentre in altri viene percepito sul bordo interno della rotula sia a riposo che sotto sforzo.

La diagnosi è prima di tutto clinica e punta ad accertare la presenza dei sintomi tipici.

In seguito, si procede con l’ausilio della diagnostica per immagini, eseguendo radiografia e risonanza magnetica in modo da individuare l’entità del problema.

I gradi di gravità della condropatia sono quattro e arrivano fino alla condropatia femoro tibiale di 4 grado, in cui si verificano la perdita della componente cartilaginea e l’esposizione dell’osso.

I quattro gradi di gravità della condropatia sono:

  • grado 1: cartilagine leggermente danneggiata;
  • grado 2: crepe nella cartilagine e usura più accentuata;
  • grado 3: usura e assottigliamenti importanti;
  • grado 4: grave usura, con presenza di zone in cui la cartilagine è del tutto deteriorata, associata a gonartrosi.

Condropatia femoro tibiale cure

La scelta della terapia a cui affidarsi per il trattamento della condropatia dipende dalla gravità della patologia e dal tipo di usura presente.

Il primo passo è il riposo e ad esso si consiglia di abbinare un bendaggio, l’assunzione di farmaci antinfiammatori, le infiltrazioni di acido ialuronico e, ovviamente, la fisioterapia.

Inoltre, è opportuno porsi una serie di obiettivi, che favoriranno la riduzione della sintomatologia, quali:

  • la perdita di peso, in modo da ridurre il carico sull’articolazione del ginocchio;
  • il potenziamento muscolare del vasto mediale;
  • il regolare esercizio fisico, praticando attività che non gravino eccessivamente sull’articolazione, come nuoto o bicicletta.

In genere, il trattamento della condropatia femoro tibiale dipende dal grado di gravità raggiunto dalla patologia e dal pregiudizio subito dall’articolazione.

Condropatia femoro tibiale intervento

Se la combinazione delle soluzioni precedentemente indicate non è sufficiente ad alleviare il dolore, allora sarà necessario ricorrere al trattamento chirurgico.

Per rimuovere il tessuto danneggiato e infiammato si procede ad un intervento artroscopico, quindi poco invasivo, che permette di stabilizzare il difetto della cartilagine in via chirurgica.

La procedura chirurgica aperta include anche l’osteotomia, ossia il taglio dell’osso, e può rivelarsi necessaria in presenza di deformità più gravi, in quanto permette di raddrizzare l’arto inferiore.

L’intervento mira a lavorare su una sezione del legamento esterno attraverso sutura della capsula mediale.

Nel caso in cui vi sia osteonecrosi del ginocchio limitata al condilo femorale, si può ricorrere a trattamenti specifici, quali la mosaicoplastica, il lipogems, o ad un intervento di innesto di una protesi.

Condropatia femoro tibiale esercizi

Il recupero post operatorio avviene in modo graduale.

Se si è avuta solo un’artroscopia, allora il recupero avverrà in un periodo che varia dai 3 ai 4 mesi; nel caso di arstroscopia con osteotomia, invece, sarà necessario ricorrere alle stampelle per circa un mese, mentre per il recupero completo si dovranno attendere circa 6 mesi.

Per favorire il processo di guarigione, è importante affidarsi ad un protocollo riabilitativo specifico, che preveda una serie di esercizi specifici indicati dal fisioterapista.

Di solito, come momento migliore per svolgere gli esercizi è consigliata la mattina appena svegli, quando si è riposati e ci si può impegnare al meglio nella corretta esecuzione del movimento.

Ginocchio varo: come curarlo

Nota anche come ginocchia a O o ad arco, quella che prende il nome di ginocchio varo è una deformità anatomica che riguarda gli arti inferiori e in presenza della quale le ginocchia puntano in direzioni opposte.

In sostanza, si verifica un disallineamento tra tibia e femore, che produce un angolo aperto tra femore e tibia, in luogo di un normale angolo piatto.

Nello specifico, il ginocchio varo consiste in un arto non più dritto e il cui asse viene alterato verso l’interno: ciò può essere dovuto dalla consumazione della cartilagine prevalentemente nel lato interno dell’articolazione, con conseguente ginocchio varo artrosico.

Ginocchio varo cause e sintomi

Le principali cause di tale patologia sono:

Non vi è sintomatologia per le forme lievi di ginocchio varo, mentre nelle forme più gravi si evidenziano dolore e complicanze che riguardano legamenti e menisco mediale del ginocchio.

Ginocchio varo cure e diagnosi

ginocchio varo cura

La diagnosi si basa su una semplice osservazione degli arti inferiori, per cui è immediata, ma il trattamento viene disposto solo nel caso di una deformità di tipo grave, che incida sullo svolgimento di attività di vita quotidiana.

Le opzioni terapeutiche sono di due tipi: la terapia conservativa e la terapia chirurgica, con una netta tendenza tra i medici a preferire il trattamento conservativo.

Infatti, in genere, alla terapia chirurgica si ricorre solo ove la precedente opzione conservativa non abbia dato i risultati sperati.

Nell’ambito del trattamento conservativo, è consigliato il ricorso a plantari per ginocchio varo e a scarpe ortopediche specifiche.

Ginocchio varo esercizi

Inoltre, si ricorre all’esecuzione di esercizi di fisioterapia e di ginnastica posturale, quali:

  • esercizi correttivi, ossia quegli esercizi di fisioterapia che mirano a rinforzare i muscoli della coscia e che contribuiscono a indirizzare l’articolazione verso un fisiologico allineamento tra tibia e femore, nonché a migliorare l’elasticità dei legamenti del ginocchio;
  • esercizi posturali, ossia quegli esercizi di ginnastica posturale pensati per ridurre il sovraccarico funzionale che grava su alcune parti del ginocchio, in modo che non vada ad incidere sul menisco mediale.

A questi esercizi, vengono abbinati anche farmaci condro protettori e antinfiammatori e, in alcuni casi, le iniezioni di acido ialuronico.

Non da ultimo, viene consigliato al paziente di ridurre il proprio peso, ove questo sia in eccesso.

Intervento ginocchio varo

All’intervento e alla terapia chirurgica si ricorre solo in casi residuali e come ultima opzione, ossia quando la terapia di tipo conservativo non abbia sortito effetti.

In caso di ginocchio varo, si procede ad un’operazione di osteotomia femorale.

Osteotomia ginocchio varo

Si tratta di un intervento chirurgico delicato, con cui si va a rimodellare la porzione distale del femore così da ripristinare un rapporto fisiologico con la tibia.

In questo modo, il femore viene allineato alla tibia, eliminando l’angolo ottuso tra le due ossa.

In seguito all’intervento, il sovraccarico funzionale del menisco mediale e il dolore al ginocchio si risolvono e il paziente può tornare a svolgere le proprie attività quotidiane in totale serenità.

Condropatia femoro-rotulea

Condropatia femoro-rotulea: cos’è

La vittima della condropatia femoro-rotulea è la cartilagine interposta tra rotula e femore, che  riveste e protegge queste ossa del ginocchio.

Il processo infiammatorio dovuto allo sfregamento delle due ossa porta ad un rammollimento e deterioramento della cartilagine presente al lato interno della rotula.

Questa patologia degenerativa è nota anche come condromalacia rotulea, ginocchio del corridore, sindrome femoro-rotulea o sindrome dolorosa patello-femorale.

E’ una condizione dolorosa associata ad un malfunzionamento nel movimento della rotula: si manifesta con dolore nella zona antero-mediale. I soggetti più colpiti sono donne e sportivi.

Scopriamo sintomi, cause, diagnosi e le migliori cure per risolvere questa patologia.

Condropatia femoro-rotulea: cause e fattori di rischio

Chirurgia e terapia conservativa: ortopedico ginocchio napoli

Difficilmente, il dolore ad un’articolazione dipende da una sola causa. Certo è che, alla base della patologia che trattiamo in questo focus, c’è un movimento improprio della rotula. Il conseguente sfregamento della rotula contro il femore genera infiammazione.

Vediamo quali sono le principali cause responsabili della condropatia femoro-rotulea ed i fattori di rischio:

– allineamento scorretto della rotula, che porta ad un attrito con il femore, spesso dovuto a malformazioni congenite;

– scarsa massa muscolare (debolezza soprattutto del quadricipite e dell’anca), disfunzione dei muscoli che non consente alla rotula di muoversi correttamente;

– sovraccarico funzionale, overuse della rotula (condizione tipica di sportivi che praticano corsa, salto, ciclismo, sci, calcio, tennis, body building);

– precedenti infortuni al ginocchio con traumi a carico della rotula (lussazione, distorsione);

– sesso femminile: le donne sono le più colpite da questa patologia, probabilmente per la minore massa muscolare;

– forte squilibrio tra muscoli adduttori e abduttori della coscia;

– età giovanile e adolescenziale 15-18 anni). Gli adolescenti presentano ossa e muscoli in fase di accrescimento, quindi sono più soggetti ad anomalie e squilibri;

– piedi piatti;

– estensione inferiore del ginocchio;

– ginocchio varo o valgo;

– lassità legamentosa;

– vta sedentaria;

– obesità;

– artrite alle ginocchia;

– alterazioni della postura.

Sintomi e complicanze

La sindrome femoro-rotulea si manifesta, innanzitutto, con un dolore anteriore (tra rotula e femore, nella parte mediale del ginocchio) che si intensifica con il movimento, inginocchiandosi, percorrendo le scale, correndo, saltando, quando si sta seduti o troppo in piedi per un tempo prolungato. Si può avvertire dolore/fastidio anche alla palpazione della rotula.

Oltre al dolore tipico della condropatia femoro-rotulea, ecco quali sono i sintomi associati:

– gonfiore;

– rigidità;

– scricchiolio articolare in flesso-estensione;

– difficoltà ad estendere completamente il ginocchio.

Se il problema viene trascurato l’artrosi è destinata ad avanzare.

Diagnosi

Per eseguire una corretta ed accurata diagnosi sono necessari:

– Esame obiettivo;

– Anamnesi;

– Raggi X;

– Risonanza Magnetica Nucleare per verificare le condizioni dei tessuti molli (cartilagine, legamenti);

– Artroscopia, l’esame strumentale più indicato sia per diagnosticare sia per curare.

I 4 gradi della condropatia

Una diagnosi accurata e precisa è fondamentale non solo per individuare la patologia ma per scoprire il livello di gravità allo scopo di prescrivere la terapia più adeguata ed efficace.

Sono 4 i gradi di condropatia femoro-rotulea:

1° grado: il più lieve, che presenta un rammollimento della cartilagine rotulea;

2° grado: è caratterizzato da lesioni cartilaginee di piccola entità e dolore medio-grave;

3° grado: le lesioni sono più profonde con maggiore compromissione della cartilagine, dolore più intenso e ginocchio gonfio;

4° grado: il livello più grave, con un danno importante ed irreversibile della cartilagine rotulea. E’ caratterizzato da gravi erosioni: le superfici ossee, non più rivestite dalla cartilagine, subiscono uno sfregamento importante. Una condizione del genere necessita di intervento chirurgico per l’impianto di una protesi ginocchio.

Condropatia femoro-rotulea: quali sono le migliori cure?

Nei casi non gravi di sindrome femoro-rotulea (che non richiedono l’intervento chirurgico), la terapia conservativa prevede, inizialmente:

– riposo;

– applicazione di ghiaccio e crioterapia;

– assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei per un tempo limitato (una settimana circa);

– utilizzo di ginocchiera rotulea (un tutore per il ginocchio) per un breve periodo.

Il dolore, però, è destinato a ricomparire.

Per risolvere concretamente il problema è importante affidarsi alla Fisioterapia d’avanguardia.

Consigliamo una ginocchiera di ottima qualità che abbiamo testato per i nostri pazienti.

Noi del Centro Ryakos offriamo una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale. Oltre ad esaminare i referti medici, effettuiamo la nostra valutazione per scoprire la causa reale del problema e pianificare un percorso terapeutico su misura, personalizzato.

Per intervenire sulla condropatia femoro-rotulea, procediamo con i seguenti trattamenti:

Tecarterapia per contrastare dolore e infiammazione nonché per rigenerare e ripristinare le cellule cartilaginee;

Laser Yag ad Alta Potenza e ionoforesi;

– Infiltrazioni con acido ialuronico per migliorare la lubrificazione articolare;

viss per rinforzare la muscolatura;

Terapia manuale;

Esercizi terapeutici mirati all’allungamento e rinforzo muscolare da svolgere sia in presenza e su indicazione del fisioterapista sia a domicilio;

Rieducazione Propriocettiva per il coordinamento dei movimenti;

Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres nel caso in cui risulti necessario correggere deficit posturali.

Nei casi più lievi (1° e 2° grado), è possibile recuperare dopo poche sedute astenendosi  dalle pratiche sportive per un mese mentre, nei casi più complessi, potrebbe essere necessaria una terapia di due mesi.

Il passo più importante da fare è riportare in buona forma i muscoli e mantenere un certo equilibrio tra i vari muscoli della coscia. Se necessario, sarà importante correggere la postura ed intervenire sui piedi piatti con calzature adeguate.

Post chirurgia di menisco e crociato

Post chirurgia di menisco e crociato: il trattamento Flowave 2

Il ginocchio è soggetto a traumi e infortuni che spesso richiedono un intervento chirurgico: in fase di post chirurgia di menisco e crociato cosa fare?

E’ necessario un percorso riabilitativo completo che includa trattamenti fisioterapici strumentali ed esercizi terapeutici mirati.

Uno dei trattamenti strumentali meno conosciuti, ad elevata efficacia che dura nel tempo, è  Flowave. Scopri di che si tratta.

Prima di scoprirlo, diamo un breve cenno di anatomia del ginocchio descrivendo le funzioni fondamentali del legamento crociato anteriore e del menisco.

In fase di diagnosi, la lesione del crociato viene accertata sia attraverso l’esame obiettivo con manovre cliniche sia attraverso esami strumentali (radiografia, Risonanza Magnetica Nucleare, TAC), mentre per il menisco lo specialista prescrive ecografia e RMN.

Oltre un terzo delle lesioni meniscali è associato a lesioni del legamento crociato anteriore.

Chirurgia e post chirurgia di menisco e crociato: anatomia del ginocchio

Lesione del crociato
Lesione del crociato

Il ginocchio è costituito da tre margini ossei: estremità distale del femore, estremità prossimale della tibia e rotula.

Il complesso legamentoso è composto da legamenti collaterali, alari, crociati e legamento rotuleo. I legamenti crociati si distinguono in anteriore e posteriore: sono posti all’interno della capsula articolare e hanno il compito di stabilizzare il movimento del ginocchio, specie quello di traslazione.

Legamento crociato anteriore (LCA) e menisco sono due strutture fondamentali per l’articolazione del ginocchio. Il crociato anteriore è una struttura essenziale per la stabilità del ginocchio in mancanza della quale si altera notevolmente la biomeccanica dell’articolazione stessa causando cedimenti improvvisi in fase di appoggio e conseguenti danni articolari al menisco e alla cartilagine che possono scatenare un’artrosi precoce.

Il legamento crociato anteriore, soprattutto nello sport, è una struttura particolarmente sollecitata, spesso soggetta a lesione o rottura a seguito di traumi, distorsioni, infortuni o incidenti stradali.

Il menisco, struttura fibro-cartilaginea posta all’interno dell’articolazione (sopra il piatto tibiale), funge da ammortizzatore consentendo lo scivolamento delle superfici articolari. Ciascun ginocchio dispone di due menischi (mediale e laterale) seppure vengano divisi in 4 quadranti (anteriore mediale, anteriore laterale, posteriore mediale, posteriore laterale). L’usura del menisco, un’eventuale frattura o fessurazione alterano la biomeccanica del ginocchio causando un forte dolore e la sensazione che l’articolazione si ‘incastri’.

Legamento crociato e menisco: intervento chirurgico

lesione del menisco intervento

In riferimento al legamento crociato, si ricorre all’intervento chirurgico per ricostruire l’articolazione allo scopo di recuperare la corretta mobilità, stabilità, flessibilità, forza e capacità di eseguire certi movimenti del ginocchio.

Il migliore intervento chirurgico non basta per il completo recupero funzionale senza un adeguato iter riabilitativo e rieducativo post-chirurgico.

La chirurgia moderna ha fatto passi da gigante. Attualmente, in caso di totale rottura del crociato, è possibile sostituire un legamento rotto con uno da cadavere o una porzione del tendine rotuleo oppure di uno dei tre tendini della zampa d’oca (semitendinoso, sartorio e gracile). Il tessuto viene fatto passare attraverso fori praticati nell’osso del femore e della tibia, dopodiché viene ancorato in posizione corretta all’osso per creare un nuovo legamento crociato anteriore.

Spesso, la post chirurgia viene preceduta da un iter pre-operazione allo scopo di preparare adeguatamente il paziente ad affrontare l’intervento.

All’atleta che ha una muscolatura in ottime condizioni basterà seguire cicli di ghiaccio, riposo e compressione con fasciatura.

Chi non pratica sport o regolare attività fisica dovrà seguire un periodo di fisioterapia e riposo per recuperare parzialmente la mobilità del ginocchio, migliorarne la fisiologia, ridurre gonfiore e dolore.

In caso di menisco rotto, si ricorre all’artroscopia, che prevede una pulizia articolare e meniscale dei frammenti lesionati.

Riabilitazione post chirurgia di menisco e crociato: percorso essenziale

artroscopia ginocchio

Il percorso essenziale di riabilitazione post chirurgica (dopo la ricostruzione del legamento crociato anteriore) è finalizzato al ripristino del movimento del ginocchio, al recupero della stabilità e di tutte le sue funzioni.

Dopo l’intervento viene applicato un tutore articolato, fissato in completa estensione o tra o° e 90° secondo le indicazioni del chirurgo. Per la deambulazione, vengono prescritte le stampelle.

A distanza di poche ore dall’operazione, è importante estendere completamente e flettere il ginocchio per evitare che si irrigidisca o si infiammi e per consentire al paziente di riprendere velocemente il pieno controllo dell’arto.

La riabilitazione prevede l’esecuzione esercizi terapeutici mirati (eccentrici, di mobilità, flessione ed estensione isotonica, rinforzo delle strutture articolari e muscolari, posturali, rieducazione propriocettiva) da svolgere secondo le indicazioni del Fisioterapista.

Utile combinare gli esercizi attivi/passivi del paziente con la Viss Therapy che consente di migliorare il tono-trofismo muscolare.

Ogni paziente è un essere unico. Ecco perché il Centro Ryakos offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale allo scopo di pianificare un percorso terapeutico e riabilitativo personalizzato.

Il percorso di recupero non deve essere né troppo rapido né troppo lento: va programmato in base alle condizioni del paziente.

Oltre alla Tecarterapia e al Laser Yag ad Alta potenza, il trattamento strumentale d’elezione in fase di post chirurgia di menisco e crociato è Flowave 2. Scopri cos’è e come funziona.

Flowave 2: cos’è, come funziona

trattamento cellulite con flowave

Flowave 2 è un elettromedicale innovativo, altamente tecnologico e ad elevata efficacia del Sistema Integrato Novalinfa. E’ l’unico a sfruttare simultaneamente 4 mezzi fisici: Polarterapia, Biorisonanza, Vacuum connettivale e Veicolazione transdermica.

Generando onde sonore, apporta i seguenti benefici:

– Aumenta il flusso periferico di linfa e sangue;

– Drena i liquidi in eccesso;

– Vascolarizza la zona trattata;

– Aumenta l’ossigenazione e il nutrimento cellulare;

– Disintossica i tessuti;

– Riduce infiammazione, dolore, gonfiore, pesantezza dell’arto;

– Elimina le aderenze tissutali;

– Migliora il tono e l’elasticità della pelle;

– Rigenera i tessuti;

– Rafforza il sistema immunitario.

Il terapista può monitorare la risposta fisiologica al trattamento grazie ad un sistema di valutazione e di controllo integrato.

L’efficacia di Flowave 2 è a lungo termine.

Flowave 2: controindicazioni

Tutti possono essere sottoposti al trattamento Flowave 2?

No, questo elettromedicale è controindicato in caso di:

– Gravidanza;

– Pace-maker e protesi metalliche;

– Ipertensione e disturbi cardiaci gravi;

– Infezioni sistematiche;

– Epilessia;

– Tromboflebiti;

– Cartilagine in aumento;

– Placche stabili.

Tempi di recupero

Ogni paziente è un essere unico, l’abbiamo detto.

Per ogni paziente, è necessario programmare un iter riabilitativo personalizzato. Allo stesso modo, i tempi di recupero possono variare.

In genere, il paziente torna a camminare normalmente dopo 20 giorni/un mese dall’intervento. Per riprendere l’attività fisica, ci vorranno 6-8 mesi.

Per un atleta professionista, considerando le ottime condizioni fisiche, il discorso cambia: i tempi di recupero sono di 110/120 giorni.

Affidati esclusivamente a centri qualificati come il nostro.

Prenota ora una Valutazione Gratuita allo 081.3419278

Lesione del Legamento Collaterale Mediale (LCM)

Lesione del Legamento Collaterale Mediale (LCM): come guarire senza complicanze

In questo articolo, descriviamo un particolare evento traumatico: la lesione del Legamento Collaterale Mediale (LCM). Quali sono le cause responsabili di questo trauma e la sintomatologia? Una volta diagnosticata la lesione, come intervenire?

Generalmente, questo tipo di lesione si verifica a seguito di una sollecitazione in valgo del ginocchio a causa di un trauma contusivo sulla parte laterale dell’arto o di una caduta su un fianco. Sono anche altre le cause dell’infortunio che elenchiamo più avanti.

L’obiettivo finale di questo focus? Scoprire la terapia più efficace, rapida e risolutiva per guarire senza complicanze.

Lesione del Legamento Collaterale Mediale (LCM): cenni di anatomia

lesione del legamento collaterale mediale

Prima di parlare di lesione, descriviamo brevemente cos’è il Legamento Collaterale Mediale o LCM.

Il legamento collaterale mediale è una larga e spessa banda di tessuto fibroso, lunga 4-6 cm circa.

Passa lungo la parte interna del ginocchio, dal femore alla tibia.

Ha la funzione di impedire alla gamba di piegarsi eccessivamente verso l’interno (in adduzione), di consentire la rotazione contribuendo a mantenere stabile il ginocchio.

Si tratta di un legamento molto innervato e vascolarizzato.

A differenza dei legamenti crociati del ginocchio che necessitano di intervento chirurgico per risolvere le lesioni, il legamento collaterale mediale può guarire grazie alla Fisioterapia e Riabilitazione nell’arco di 3-4 settimane.

Cause della Lesione del Legamento Collaterale Mediale (LCM)

lesione lcm

La lesione del Legamento Collaterale Mediale si verifica generalmente a seguito di traumi o sforzi ripetuti.

Sono principalmente due i movimenti che creano tensione al collaterale mediale: la torsione e le forze in valgo sul ginocchio (dall’esterno verso l’interno) eccessive o una combinazione di questi due movimenti.

Nella maggioranza dei casi, avviene in ambito sportivo, precisamente negli sport di contatto (calcio, rugby, lotta, ecc.) o che richiedono bruschi cambi di direzione.

Le cause  principali sono:

  • Torsione del ginocchio con il peso del corpo a carico del piede che resta fisso a terra (ad esempio, quando si atterra da un salto) con trauma contusivo sulla parte laterale dell’arto;
  • Trauma diretto sulla parte esterna del ginocchio che costringe l’arto a piegarsi nella direzione opposta (ad esempio, se un altro giocatore cade contro il lato esterno del ginocchio);
  • Caduta su un fianco con il ginocchio saldamente poggiato al suolo;
  • Trauma contusivo a livello del ginocchio in catena cinetica aperta (con il piede non a contatto con il suolo);
  • Overuse, sovraccarico funzionale che porta un’estensione ‘a frusta’ ripetuta dell’articolazione del ginocchio. Può verificarsi a causa di uno specifico gesto atletico ripetuto (come i nuotatori di stile a rana) seppure si tratti di un evento raro.

La lesione del LCM può avere come conseguenza, in casi gravi, la lacerazione del menisco mediale.

Sintomi

Come riconoscere la lesione del Legamento Collaterale Mediale (LCM)?

Per rispondere a questa domanda bisogna classificare le lesioni del collaterale mediale in tre differenti gradi:

  • Grado I, con lesione incompleta, tendine continuo e sintomi minimi (dolore contenuto se non del tutto assente). Resistenza e stabilità dell’articolazione vengono mantenute e l’allungamento è solo del 5% oltre la normale allungabilità del legamento. Il soggetto prova dolore alla pressione sul legamento ma può tornare a fare sport rapidamente (1-2 settimane);
  • Grado II, con lesione incompleta, allungamento che produce lesioni alle fibre. Si ha la compromissione della resistenza meccanica, sensazione di instabilità in fase di rotazione o quando si tenta di alzarsi. Dolore e gonfiore sono più gravi del primo grado, è necessario un periodo di riposo e di astensione delle attività fisiche più lungo (3-4 settimane);
  • Grado III, con rottura completa del legamento, caratterizzata da dolore e gonfiore importanti, instabilità e sensazione di cedimento, perdita della funzionalità e continuità delle fibre, difficoltà a piegare il ginocchio. In questo caso, è necessario indossare un tutore (ginocchiera) e si guarisce in 6 settimane.

Un video interessante di Massimo de Filippo di Fisioterapia Rubiera

In sostanza, un trauma di una certa gravità si riconosce dai seguenti sintomi:

  • Dolore acuto sulla parte interna del ginocchio che può durare diversi giorni rendendo impossibile qualsiasi tipo di movimento;
  • Gonfiore importante alla parte interna del ginocchio;
  • Ematoma più o meno esteso;
  • Instabilità o sensazione di cedimento;
  • Zoppia;
  • Impossibilità del ginocchio nel sostenere il peso corporeo.

Diagnosi

distorsione ginocchio con lesione legamento collaterale

Il medico ortopedico, in fase di anamnesi, chiederà al paziente di descrivere in che modo è avvenuto l’infortunio, se ha subito altri traumi in passato e che genere di sintomi avverte.

Durante l’esame obiettivo eseguirà test specifici: in base alla gravità del dolore o alla rigidità dell’articolazione del ginocchio, classificherà una lesione di grado I, II o III. Lo specialista valuterà anche un’eventuale lassità del ginocchio ed il grado di limitazione funzionale.

Se, a causa del dolore e gonfiore, al soggetto non sarà possibile eseguire il test, dovrà indossare un tutore, applicare ghiaccio e mantenere sollevato il ginocchio per 3-5 giorni.

Lo specialista può prescrivere i seguenti esami strumentali:

  • Ecografia utile per valutare il decorso del legamento e le lesioni dei tessuti molli;
  • Risonanza Magnetica Nucleare, più precisa, la proceduta diagnostica d’elezione in grado di mostrare la gravità della lesione, valutare eventuali lesioni associate, fornire dettagli in caso di lesione parziale o danni a carico di altre strutture legamentose o cartilaginee. Con questo esame non è possibile determinare il grado dello strappo.

Lesione del Legamento Collaterale Mediale: trattamento conservativo

tutore-ginocchio

E’ fondamentale procedere con le manovre di primo soccorso del protocollo RICE che prevede:

  • Riposo:
  • Applicazione di ghiaccio sulla parte colpita dal trauma;
  • Elevazione della gamba tenendo il ginocchio lievemente flesso per ridurre la pressione sulla parte lesionata;
  • Compressione con bendaggio elastico mantenendo fermo il ginocchio per almeno 7 giorni (lesioni di grado I) o 15 giorni (lesioni di grado II) prima di sottoporsi alla Riabilitazione.

Il medico prescriverà farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) per ridurre dolore, infiammazione e gonfiore e l’utilizzo di una ginocchiera che blocca l’arto consentendo movimenti più o meno ampi in base alle condizioni del paziente. Questo tutore è prescritto per le prime 72 ore: se, in questo lasso di tempo, dolore e gonfiore migliorano si può iniziare un programma riabilitativo.

[amazon box=”B07YQSX3YM”]

Raramente, si ricorre all’intervento chirurgico per la riparazione del legamento danneggiato (lesione di terzo grado e persistente instabilità) attraverso la sutura del legamento collaterale mediale con fili riassorbibili. La Riabilitazione post-operatoria consentirà la ripresa dell’attività sportiva dopo 4 mesi.

In genere, si opta per la terapia conservativa: i i legamenti collaterali, contrariamente ai legamenti crociati, vanno incontro ad un processo spontaneo di cicatrizzazione, favorito inizialmente dall’immobilizzazione.

E’ consigliabile rimuovere il tutore il prima possibile ed iniziare i trattamenti di Fisioterapia e Riabilitazione per prevenire la rigidità del ginocchio.

Lesione del Legamento Collaterale Mediale: la soluzione fisioterapica

tecarterapia costi

Il Centro Ryakos offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale allo scopo di pianificare un programma terapeutico personalizzato. Il Fisioterapista qualificato, oltre ad esaminare la diagnosi medica, esegue una propria valutazione. Il suo obiettivo è risolvere la causa reale di ogni patologia, non limitarsi ad eliminare i sintomi.

Una volta rimossa la ginocchiera, il paziente verrà sottoposto ai seguenti trattamenti fisici strumentali d’avanguardia;

Successivamente, il Fisioterapista procederà con la Riabilitazione per:

  • rieducare il paziente a deambulare eseguendo il movimento corretto;
  • recuperare e mantenere i movimenti di flessione ed estensione (leg extension);
  • recuperare il range di movimento;
  • aumentare la forza muscolare;
  • recuperare il controllo propriocettivo;
  • aumentare gradualmente i carichi.

Nella fase di rieducazione motoria, introdurrà gradualmente esercizi di velocità, di rinforzo dei muscoli (vasto mediale, adduttori, flessori mediali, gemello mediale e della zampa d’oca), resistenza muscolare, equilibrio, stabilità e propriocezione per ripristinare il controllo neuromuscolare e recuperare il gesto sportivo.

Mediamente, il completo recupero dell’articolazione avviene in 30-40 giorni mentre per il ritorno all’attività sportiva sono necessari circa 3 mesi.

Una volta lesionato, il legamento collaterale mediale è particolarmente esposto alle recidive. Ecco perché il Fisioterapista raccomanderà al paziente di eseguire costantemente un programma di rinforzo della muscolatura del ginocchio.

Prenota una consulenza fisioterapica online

fisioterapista online

Come risolvere la sublussazione rotulea esterna

Come risolvere la sublussazione rotulea esterna

In questo approfondimento, rispondiamo ad un paio di domande: cos’è e come risolvere la sublussazione rotulea esterna?

Mentre la lussazione indica il distacco completo, la sublussazione è caratterizzata da un distacco incompleto dei capi articolari che fuoriescono dalla loro sede anatomica.

In gran parte dei casi, le sublussazioni sono di origine traumatica, dovute ad esempio a movimenti improvvisi oppure in caso di pazienti che soffrono di problematiche osteo-articolari o muscolo-tendinee.

Scopri tutto quello che c’è da sapere per la cura della sublussazione rotulea esterna, dalla diagnosi accurata e tempestiva a trattamenti risolutivi offerti dalla Fisioterapia d’avanguardia.

Come risolvere la sublussazione rotulea esterna: il primo step è la diagnosi

come curare la sublussazione rotulea

Liter diagnostico per sospetta sublussazione rotulea esterna prevede sia l’anamnesi e l’esame obiettivo (comprensivo di test come quello di Nonweiler e DeLee) sia indagini strumentali prescritti dal medico ortopedico.

La radiografia verrà eseguita per escludere eventuali fratture: per diagnosticare una sublussazione, va eseguita su vari piani (anteroposteriore bilaterale, laterale in piedi, assiale della rotula).

La Risonanza Magnetica Nucleare servirà per verificare l’integrità di legamenti, capsule e cartilagini.

E’ importante valutare anche la condizione cartilaginea dell’articolazione femoro-rotulea perché l’instabilità può accelerare il processo di usura della cartilagine.

Il medico chirurgo ortopedico eseguirà una manovra di riposizionamento osseo dell’arto fuori sede senza anestesia: è necessario intervenire tempestivamente per evitare complicazioni.

E’ bene considerare che la sublussazione della rotula è una condizione invalidante dovuta ad uno squilibrio delle forze di trazione mediali e laterali che portano ad uno spostamento mediale della stessa.

In genere, la rotula scivola nella troclea femorale, ma un’alterazione di queste forze potrebbe provocare un disassamento con dolore ed instabilità.

Qui un video che spiega l’anatomia del ginocchio

Sindrome femoro-rotulea e sublussazione rotulea esterna

La sindrome femoro-rotulea, come suggerisce il nome, interessa l’articolazione tra epifisi distale del femore e rotula. Si tratta di un disturbo dovuto ad iperpressione della patella verso l’esterno o l’interno. In sostanza, la rotula non è allineata, risulta spostata dalla sua normale sede anatomica a causa di un’alterazione anatomica (ad esempio, eccessivo valgismo o tibia ruotata) che va a modificare la biomeccanica dell’articolazione stessa. Colpisce soprattutto sportivi (in particolare, saltatori e runner) e donne.

Tra le varie cause della sindrome femoro-rotulea (tra cui, piede pronato, traumi diretti o indiretti, ginocchio valgo, lassità dei legamenti, disfunzione muscolare, alterazioni della rotula), ritroviamo l’aplasia dei condili femorali che sono il presupposto per la sublussazione della rotula.

Il quadro sintomatologico comprende il dolore tra rotula e femore (specie nella zona laterale esterna del ginocchio) durante la flessione del ginocchio, crepitii articolari, gonfiore, sensazione di instabilità.

Se la sindrome non viene curata o in caso di terapia inadeguata, si può sviluppare rigidità e limitazione articolare, debolezza del quadricipite.

Tutte le cause della sublussazione rotulea esterna

sublussazione rotulea esterna

La sublussazione rotulea è una condizione patologica che colpisce soprattutto donne e sportivi, molto comune anche negli adolescenti, una tra le prime patologie di tipo traumatico riferita al ginocchio prevalente in giovane età.

Prima di spiegarti come risolvere la sublussazione rotulea esterna, elenchiamo le principali cause di questa patologia:

  • Displasia della troclea femorale;
  • Ipotonia o ipotrofia del quadricipite;
  • Ipoplasia della troclea femorale;
  • Ginocchio valgo (gambe a X);
  • Lassità articolare;
  • Disassamento dell’apparato estensore del ginocchio.

Terapia conservativa

Nel caso in cui la sublussazione rotulea esterna sia provocata soltanto da uno squilibrio dei tendini e dei muscoli, il medico prescriverà una terapia conservativa che prevede:

  • Riposo, astensione dalle attività fisiche che riacutizzano il problema;
  • Applicazione di ghiaccio;
  • Assunzione di antinfiammatori non steroidei (FANS) per ridurre temporaneamente i sintomi;
  • Infiltrazioni di acido ialuronico nell’articolazione del ginocchio (ciclo da 3 sedute);
  • Utilizzo di un tutore (ginocchiera) in grado di mantenere in asse la rotula all’interno della gola intercondiloidea, di plantari ortopedici o scarpe anti-pronazione in caso di valgismo femoro-rotuleo;
  • Fisioterapia strumentale e manuale, Riabilitazione (esercizi terapeutici).

Nei casi gravi (come mal allineamento dovuto a malformazioni ossee, lussazione della rotula), è necessario ricorrere ad un intervento chirurgico in artroscopia di riallineamento rotuleo con tempi di recupero di 30-40 giorni.

Come risolvere la sublussazione rotulea esterna con la Fisioterapia 

cura rotula lussata

Una volta superata la fase acuta (2-3 giorni), il medico ortopedico raccomanderà al paziente un ciclo di Fisioterapia e Riabilitazione per eliminare il dolore e l’infiammazione, ripristinare la funzionalità del ginocchio, riallineare la rotula e rinforzare alcuni muscoli.

Il trattamento fisioterapico risolutivo deve essere personalizzato in base alle condizioni del singolo paziente ed il livello di attività fisica.

Oltre alla diagnosi medica, il Fisioterapista eseguirà una valutazione globale e distrettuale allo scopo di pianificare il percorso terapeutico personalizzato. Noi del Centro Ryakos offriamo una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale comprensiva di tutti i principali test.

In una prima fase, per eliminare dolore e infiammazione, i migliori risultati si ottengono con i seguenti trattamenti fisici strumentali ad alto indice di efficienza:

  • Tecarterapia;
  • Laser Yag ad Alta Potenza.

Queste terapie strumentali d’elezione vengono abbinate ai migliori trattamenti manuali ed alla Riabilitazione.

Terapia Manuale e Riabilitazione

I trattamenti manuali indicati per intervenire sulla sublussazione rotulea esterna sono:

  • Terapia manuale eseguita dall’Osteopata;
  • Massoterapia;
  • Trattamento miofasciale dei trigger point nel caso in cui un’eventuale sindrome miofasciale possa mascherare una falsa sindrome rotulea. I muscoli su cui intervenire sono soleo, femorali, semimembranoso, semitendinoso, retto femorale, vasto laterale, vasto intermedio, vasto mediale ed i muscoli adduttori;
  • Kinesiotaping ad azione stabilizzante per la rotula.

La Riabilitazione è determinante per il recupero della funzionalità articolare del ginocchio e della flessibilità. Comprende l’esecuzione di esercizi terapeutici mirati (stretching con allungamento dei muscoli esterni e dei muscoli del polpaccio gastrocnemio e soleo, esercizi eccentrici, mobilizzazioni articolari, rinforzo muscolare del Vasto Mediale e Laterale del quadricipite con leg-extension, dei muscoli ischio-crurali, tensore della fascia lata e benderella ileo-tibiale, potenziamento dei muscoli extrarotatori grande gluteo, medio gluteo e piriforme, esercizi propriocettivi, ginnastica posturale).

A seconda delle condizioni del paziente, i tempi di recupero variano da due settimane a due mesi.

Correggere la postura con il metodo Mezieres

Mezieres

Per rispondere in modo esauriente alla domanda “Come risolvere la sublussazione rotulea esterna”, non si può trascurare la condizione posturale del paziente.

Un eventuale deficit posturale da verificare attraverso l’Esame Baropodometrico è un fattore di rischio che può portare a recidive. Non correggere la postura significa rischiare che il problema si ripresenti.

Il trattamento (preventivo e terapeutico) d’elezione per correggere la postura è la Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres.

Questo percorso consiste nel graduale allungamento della catena muscolare posteriore.

L’obiettivo è ripristinare la corretta postura di tutta la colonna vertebrale e degli arti inferiori e superiori.

Risolve la rigidità muscolare (nemica della postura), elimina il dolore, consente un giusto rapporto tra le articolazioni, favorisce il buon funzionamento delle strutture muscolari che supportano la colonna per evitare eventuali infiammazioni.

Prenota una consulenza fisioterapica online

fisioterapista online

Come curare la Periostite Tibiale

Come curare la Periostite Tibiale e risolvere con la Fisioterapia

Il dolore che avverti alla gamba è talmente subdolo che non riesci né a descriverlo né a localizzarlo: tutto quello che ti serve di sapere è come curare la Periostite Tibiale.

Si tratta dell’infiammazione del periostio, la fascia che avvolge i muscoli della gamba nella zona d’inserzione sul margine posteriore e interno della tibia. Questo disturbo è noto anche come sindrome da stress tibiale mediale, sindrome del muscolo soleo, sindrome del muscolo tibiale posteriore o shin splint. Il più delle volte, colpisce i corridori ed è dovuta a sovraccarico funzionale.

Di solito, non è una condizione grave: il punto è che, come la fascite plantare o la pubalgia, è una patologia che può diventare cronica se trascurata o mal curata.

Evolvendosi, il processo infiammatorio stimola gli osteoblasti (cellule da cui si origina la matrice ossea) nel periostio alla produzione anomala di nuovo tessuto osseo.

Per evitare che diventi cronica, è fondamentale sottoporsi ad una diagnosi precoce per scoprirne la causa e seguire la terapia più adeguata. Scopri la soluzione offerta dalla Fisioterapia d’avanguardia, non rimandare più.

Come curare la Periostite Tibiale: su quali cause intervenire

periostite tibiale

Le possibili cause responsabili di Periostite Tibiale sono:

  • Traumi per eccessiva sollecitazione della muscolatura tibiale e per un suo utilizzo improprio che porta a microscopiche lacerazioni (in gran parte dei casi);
  • Processi di tipo infettivo (in casi più rari) come nel caso della sifilide sifilitica o tubercolare.

I fattori di rischio che aumentano notevolmente le probabilità di insorgenza della periostite tibiale sono:

  • Malformazioni del piede (cavo, valgo, piatto);
  • Sovrappeso;
  • Sovraccarico di lavoro senza un adeguato allenamento e tecnica di corsa errata;
  • Improvvisa variazione nel livello di attività sportiva (brusco aumento del chilometraggio o dell’intensità degli allenamenti);
  • Eccessiva corsa in salita o in discesa, su terreni sconnessi. irregolari o troppo duri;
  • Utilizzo di scarpe inadeguate o consumate, non in grado di ammortizzare o sostenere il piede;
  • Problemi posturali o deambulatori che sollecitano inadeguatamente i muscoli coinvolti (tibiale posteriore e soleo);
  • Dismetria degli arti inferiori (gambe di diversa lunghezza);
  • Caviglie deboli, polpacci contratti, tendine d’Achille troppo teso, squilibri muscolari, scarsa flessibilità muscolare;
  • Carenza di vitamina D;
  • Fumo

I soggetti più colpiti sono coloro che praticano determinati sport (corsa, calcio, pallavolo, basket, rugby, ecc.) caratterizzati da appoggio e carico frequente sulle gambe

Le donne sembrano essere più soggette alla periostite tibiale rispetto agli uomini.

Sintomi e classificazione

Generalmente, il quadro sintomatologico della Periostite Tibiale comprende:

  • Forte dolore circoscritto al margine mediale della tibia (circa 10 cm sopra la caviglia, 3° medio-distale), che può coinvolgere un’area più o meno ampia dello stinco. Inizialmente, dopo aver percorso pochi chilometri, il dolore scompare, ma col passare del tempo può diventare severo e costante rendendo difficile il movimento (in certi casi, anche a riposo). La palpazione del margine tibiale risulta essere molto dolorosa. Il dolore si acuisce anche flettendo dita e pianta del piede;
  • Gonfiore nell’area interessata.

Il dolore si sviluppa gradualmente, senza aver subito traumi, manifestarsi dopo la corsa o dopo aver camminato.

La Periostite Tibiale può essere:

  • Monolaterale o bilaterale (colpire, rispettivamente, una o entrambe le gambe);
  • Anteriore (con dolore localizzato nella parte frontale della tibia);
  • Posteriore (con dolore avvertito nella parte interna della gamba lungo la tibia);
  • Acuta o cronica.

Ai primi sintomi, è bene sottoporsi subito ad accertamenti rivolgendosi ad un medico ortopedico per evitare che l’infiammazione diventi cronica. Una Periostite in fase acuta si può curare e risolvere più facilmente rispetto a quella cronica.

Diagnosi di periostite tibiale

come curare la periostite tibiale

Il medico analizza i sintomi esaminando le gambe per determinare le cause del dolore. Durante la visita, il paziente avverte dolore alla presso-palpazione evocato anche dalla flessione plantare delle dita e del piede.

Dopo la visita, il medico prescriverà una radiografia o altra indagine strumentale necessaria (scintigrafia ossea o risonanza magnetica nucleare per escludere patologie come la frattura da stress).

La risonanza magnetica nucleare rappresenta l’indagine diagnostica di prima scelta in quanto l’esame radiografico non mostra alcun segno visibile fino alla terza-quarta settimana.

In base alle condizioni del paziente, il medico potrà consigliare il ricorso al fisioterapista (in grado di valutare il danno e pianificare un programma terapeutico e riabilitativo adeguato) oppure il consulto di un esperto di medicina sportiva o di un chirurgo ortopedico.

Periostite Tibiale: devi sapere che…

Non bisogna confondere la Periostite Tibiale con altre patologie che presentano un quadro clinico simile come la sindrome del compartimento anteriore, le fratture da stress (entrambe conseguenze di un violento evento traumatico osteoarticolare o dei tessuti molli) e la claudicatio intermittens.

In particolare, la sindrome del compartimento anteriore è una patologia che interessa principalmente maratoneti e pattinatori: è causata dall’aumento di pressione al di sotto della fascia responsabile di un rallentamento del flusso sanguigno.

La Periostite Tibiale potrebbe essere confusa anche con la contrattura del muscolo peroneo o soleo (a seconda che sia mediale o laterale) o con la sindrome del muscolo tibiale anteriore causata da un incremento della pressione dei fluidi muscolari interstiziali a seguito di microtraumi, duri allenamenti o ipertrofia del tibiale stesso.

Periostite tibiale cura

Ricordiamo che è importante intervenire al più presto per risolvere la Periostite Tibiale causata da traumi ed evitare assolutamente che si cronicizzi.

Il medico prescrive, in genere, la terapia conservativa basata su:

  • Riposo, sospensione dall’attività fisica responsabile del disturbo per 2-3 settimane;
  • Applicazione di ghiaccio sulla zona colpita 2-3 volte al giorno (circa 15 minuti ciascuna) per ridurre dolore e gonfiore;

[amazon box=”B01GOH9Y3Q”]

  • Assunzione di farmaci antidolorifici, antinfiammatori non steroidei e miorilassanti per un breve periodo e solo dietro prescrizione medica;
  • Infiltrazioni di corticosteroidi se l’antinfiammatorio per via orale risulta inefficace;
  • Utilizzo di plantari e/o fasce elastiche da supporto durante la fase riabilitativa e di scarpe adeguate;

[amazon box=”B06ZZHKS1W”]

  • Fisioterapia strumentale e manuale, Riabilitazione con esercizi terapeutici mirati.

In caso di periostite tibiale dovuta a processi infettivi batterici, bisogna ricorrere a farmaci antibiotici.

Come curare la Periostite Tibiale: la soluzione definitiva con la Fisioterapia mirata

cura periostite tibiale

Una volta confermata la patologia, è estremamente importante valutare le cause che hanno portato all’infiammazione del periostio allo scopo di evitare recidive.

Il Centro Ryakos interviene dopo aver esaminato la diagnosi medica ed aver eseguito una propria valutazione globale e distrettuale del paziente (comprensiva dei più importanti test) per pianificare un percorso terapeutico personalizzato.

Nella prima fase, l’obiettivo è combattere il dolore attraverso i trattamenti strumentali più avanzati, efficaci e rapidi ovvero:

  • Tecarterapia;
  • Laser Yag ad Alta Potenza;
  • Onde d’Urto.

E’ importante abbinare il trattamento strumentale a quello manuale di prima scelta che prevede:

  • Terapia manuale eseguita dall’Osteopata finalizzata alla ricerca di blocchi articolari nei piedi e nella caviglia, disfunzioni dell’arto inferiore, colonna e bacino. L’obiettivo è liberare i blocchi articolari ed eliminare eventuali contratture muscolari;
  • Massaggi eseguiti dal Massofisioterapista che lavorerà in particolar modo sul muscolo tibiale anteriore;
  • Manipolazione miofasciale dei trigger point;
  • Kinesiotaping ad effetto neuromuscolare, bendaggio funzionale della tibiotarsica.

La fase successiva prevede la Riabilitazione e rieducazione al movimento. Punta a ripristinare gradualmente la funzionalità muscolare ed articolare, forza, elasticità e resistenza muscolo-tendinee, coordinamento (propriocezione).

Si raggiunge l’obiettivo eseguendo esercizi terapeutici mirati (stretching dei muscoli soleo e tricipite surale, esercizi eccentrici per il soleo, rinforzo muscolare, stabilizzazione, propriocezione, recupero del gesto atletico).

Un video di esercizi molto utili

In gran parte dei casi, la Fisioterapia d’avanguardia e la Riabilitazione sono in grado di offrire ottimi risultati per la soluzione della Periostite Tibiale.

Rieducazione Posturale Globale metodo Mezieres

Tra le varie cause o fattori di rischio, abbiamo citato i problemi posturali che possono essere indagati sottoponendosi all’Esame Baropodometrico.

Se necessario, il Fisioterapista raccomanderà al paziente di intraprendere un percorso importante sia per eliminare il dolore (eliminando la causa) sia per evitare recidive.

Il percorso in questione è la Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres che consiste nel progressivo allungamento della catena muscolare posteriore.

Il metodo Mezieres ad effetto correttivo, riabilitativo e preventivo serve a riequilibrare la postura dell’intera colonna vertebrale, degli arti inferiori e superiori. Di particolare utilità, durante le sedute, è la corretta respirazione diaframmatica per favorire il rilascio muscolare.

Quando è necessario l’intervento chirurgico

Se, dopo 6 mesi di terapia conservativa, il problema non si risolve bisognerà intervenire chirurgicamente attraverso l’intervento di fasciotomia della loggia mediale della gamba per rilassare la fascia vicino alla tibia e distendere il compartimento mediale. Nell’80% dei casi, l’intervento dà ottimi risultati.

In genere, i tempi di recupero dall’intervento si aggirano a 30 giorni, trascorsi i quali è possibile riprendere a correre.

Tendinite della zampa d’oca

Tendinite della zampa d’oca: cos’è e come si cura

Se avverti dolore nel lato interno del ginocchio potresti soffrire di tendinite della zampa d’oca. Cos’è? E’ un processo infiammatorio che interessa il punto in cui tre tendini si uniscono, localizzato nella parte interna della tibia, sotto al ginocchio  Da questo punto traggono origine tre muscoli (gracile, semitendinoso e sartorio) responsabili della flessione e intrarotazione del ginocchio, impegnati a stabilizzare l’articolazione. L’aspetto palmato di questa struttura complessa soggetta ad infortuni ricorda la zampa d’oca.11112

In stretto contatto con i tendini, al di sotto di essi, si trova una borsa sinoviale che spesso s’infiamma insieme ai tendini. Quando il disturbo coinvolge anche la borsa si parla di borsite di ansierina.

Questo disturbo, in genere, non è particolarmente grave ma è fondamentale intervenire subito e non sottovalutare il problema già dai primi sintomi per evitare la cronicizzazione.

Con un’accurata diagnosi ed un intervento adeguato e tempestivo, questo problema risponde ottimamente al trattamento antalgico e fisioterapico.

Scopri come.

Tendinite della zampa d’oca: cause e fattori di rischio

come curare la tendinite della zampa d'oca

La tendinite della zampa d’oca rappresenta una delle più diffuse sindromi dolorose dei tessuti molli che interessano il ginocchio.

I soggetti più colpiti sono gli sportivi che praticano la corsa, il ciclismo e lo step, le donne, gli obesi, persone affette da diabete di tipo 2, artrosi del ginocchio e dell’anca o con valgismo del ginocchio.

Le principali cause responsabili di tendinite della zampa d’oca o borsite di ansierina sono:

  • Sovraccarichi funzionali e microtraumi ripetuti nel tempo;
  • Scorretta meccanica della corsa;
  • Trauma diretto;
  • Squilibri muscolari;
  • Scarsa elasticità dei muscoli sartorio, gracile e semitendinoso con conseguente eccessiva tensione dei relativi tendini. Questa tensione, a sua volta, crea una frizione contro il legamento collaterale mediale infiammando la borsa sierosa;
  • Problemi di andatura (ginocchio valgo);
  • Instabilità pelvica;
  • Artrosi del ginocchio (gonartrosi) e dell’anca (coxartrosi);
  • Lesione meniscale;
  • Lesioni del legamento collaterale mediale.

I fattori di rischio sono:

  • Valgismo (ginocchia a X);
  • Sesso femminile (che presenta un maggior valgismo);
  • Sovrappeso;
  • Gonartrosi;
  • Debolezza muscolare e contratture del quadricipite;
  • Scarpe da corsa inadeguate.

Sintomi e diagnosi

tendinite della zampa d'oca

Trattandosi di un processo infiammatorio, i sintomi tipici della tendinopatia della zampa d’oca sono:

  • Dolore acuto, esacerbato salendo o scendendo le scale, camminando su superfici piane, evocato dalla palpazione. Talvolta, si manifesta anche di notte e in condizioni di riposo;
  • Bruciore nella parte bassa ed interna del ginocchio;
  • Edema, gonfiore (in caso di borsite);
  • Sensazione di crepitio nell’articolazione

La diagnosi è essenzialmente clinica: tuttavia, il medico può prescrivere l’ecografia in grado di evidenziare l’edema ed il versamento caratteristici della lesione.

Spesso, la tendinite zampa d’oca è associata con altre patologie (artrosi, lesione meniscale o del legamento collaterale interno): di conseguenza, sarà necessario eseguire una radiografia o una Risonanza Magnetica per approfondire le condizioni del paziente o per escludere tali patologie (in caso di semplice sospetto).

Tendinite zampa d’oca: terapia conservativa

infiammazione della zampa d'oca

In primis, per contrastare infiammazione e dolore, il medico consiglierà un periodo di riposo. Generalmente, nei casi meno gravi, osservando un riposo di 2-3 settimane la sintomatologia dolorosa tende a regredire per poi scomparire.

La terapia conservativa prevede:

  • Applicazione di ghiaccio più volte al giorno (10-15 minuti ciascuna);
  • Sospensione delle attività che hanno causato la tendinite;
  • Utilizzo di un tutore di ginocchio in estensione per mantenere a riposo e protetta l’articolazione;
  • Antinfiammatorio locale (pomate o gel a base di arnica) 3 volte al giorno, per via orale oppure veicolato mediante terapie fisiche come la Ionoforesi;
  • Iniezioni di corticosteroidi o infiltrazione steroidea locale, in caso di inefficacia dell’antinfiammatorio per uso topico;
  • Fisioterapia e riabilitazione.

In casi particolarmente gravi, il medico potrebbe valutare il ricorso alla chirurgia.

Come interviene la Fisioterapia d’elezione

La Fisioterapia è molto efficace per risolvere dolore e infiammazione tendinea a lungo termine.

Il Centro Ryakos, prima di intraprendere qualsiasi percorso terapeutico, offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale necessaria per pianificare un programma terapeutico personalizzato.

Per intervenire su dolore e infiammazione, applica i seguenti trattamenti strumentali d’elezione:

  • Tecarterapia;
  • Laser Yag ad Alta Potenza;
  • Onde d’urto.

Un video della Tecarterapia a cura di Fisioghio

Una volta superata la fase acuta, per favorire il recupero funzionale ed una corretta guarigione, il tendine dovrà essere sottoposto ad un carico (adeguato e controllato).

E’ fondamentale associare una buona riprogrammazione muscolare attraverso l’esecuzione di esercizi mirati graduali di:

  • stretching dei muscoli quadricipite femorale, flessori, muscoli sartorio, gracile e semitendinoso, polpacci per contrastare le contratture, la tensione muscolare e mantenere le strutture più elastiche possibile;
  • rinforzo muscolare del quadricipite femorale e del vasto mediale obliquo per potenziare la stabilità del ginocchio.

Video di stretching dei muscoli posteriori di My Personal Trainer

Risulta molto efficace la terapia manuale eseguita dall’Osteopata per sciogliere eventuali contratture e ripristinare la corretta funzionalità articolare.

Metodo Mezieres

mezieres

Il tocco finale è la Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres che consente di ristabilire l’equilibrio e di distribuire in maniera omogenea le forze di carico a livello degli arti inferiori. Non si tratta di semplice stretching: il graduale allungamento della catena muscolare posteriore (dalla nuca ai piedi) previsto in questo metodo deve essere mantenuto in modo prolungato e duraturo, seduta dopo seduta.

Questo percorso correttivo e riabilitativo inizia dopo aver accertato il deficit posturale attraverso l’Esame Baropodometrico.

L’obiettivo del metodo Mezieres è correggere i diversi squilibri muscolari, restituire l’ampiezza articolare normale e la lunghezza fisiologica della catena muscolare posteriore. In sostanza, il suo compito è ristabilire l’equilibrio della postura dell’intera colonna, di arti inferiori e superiori attraverso il graduale allungamento della catena cinetica posteriore.

E’ fondamentale, durante le sedute, eseguire la corretta tecnica di respirazione diaframmatica che agevola il rilascio muscolare.

Prevenire è meglio che curare

Se ami lo sport ma, fino a ieri o all’altro ieri, non hai praticato regolare attività fisica, devi iniziare in modo graduale. Così facendo, potrai comprendere i tuoi limiti ed avere tempo e modo di superarli senza ‘farti male’. Concediti il tempo di trovare una giusta regolarità finché non ti sentirai in grado di prevenire eventuali infortuni.

Se la tua passione è la corsa, controlla periodicamente le tue scarpe e sostituiscile se sono consumate.

Una buona regola per prevenire la tendinite della zampa d’oca o borsite al ginocchio è quella di fare stretching regolarmente. Lo stretching dei muscoli agli arti inferiori serve a combattere le contratture, specie dei muscoli quadricipite femorale, flessori del ginocchio, polpacci.

Altrettanto importante è scegliere allenamenti bilanciati per i vari muscoli, in caso di ginnastica a corpo libero.

Stretching, rinforzo muscolare, mantenimento del peso forma in base allo sport praticato.

Ricorda che l’equilibrio muscolare unito alla pratica regolare di attività fisica sono essenziali per evitare di sviluppare tendinopatie.

Contatti

Telefono: 0813419278

Via Orsi 70 - 80128 Napoli

info@ryakos.it


Collaborazioni

Per collaborazioni scrivici all indirizzo mail info@ryakos.it

Lavora con noi

Siamo alla continua ricerca di talenti. Per candidarti come Fisioterapista invia il tuo curriculum  all indirizzo mail info@ryakos.it

Ryakos Srl - P.Iva 08975061212 - Capitale Sociale 10.000,00 Euro
Sede Operativa Via Orsi 70, 80128 Napoli
Copyright ® 2010-2021 Ryakos Srl  - Marchio Registrato Tutti i diritti sono riservati

Privacy Policy

Disclaimer: le informazioni contenute in questo sito hanno uno scopo puramente divulgativo e non intendono sostituire il parere del proprio medico curante o di un operatore sanitario specializzato. Le informazioni sul nostro portale sono a scopo informativo e Ryakos Srl non vuole sostituirsi alla normale visita di uno specialista. Ryakos Srl non detiene nessuna responsabilità, in quanto le informazioni hanno uno scopo divulgativo e la persona prima d’intraprendere qualsiasi percorso fisioterapico o d’attività fisica, deve consultarsi col proprio medico di fiducia.

ryakos.it partecipa al Programma Affiliazione di Stepsalute.it, che consente  di percepire  commissioni pubblicitarie sponsorizzando e fornendo link al sito.

Call Now Button