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Lesione bicipite femorale: cura dalla A alla Z

In un atleta, non è raro riscontrare una lesione al bicipite femorale: basti pensare che le lesioni muscolari costituiscono, da sole, una percentuale che varia dal 10 al 30% di tutti gli infortuni in ambito sportivo.

La diagnosi di una lesione muscolare è di tipo clinico, ma è possibile ricorrere ad un esame ecografico entro 24 o 48 ore dal trauma.

Inoltre, l’ecografia viene ripetuta per monitorare l’andamento della guarigione durante il percorso di riabilitazione.

Lesione bicipite femorale cause

Una lesione muscolare può derivare da un colpo ricevuto o da un movimento eseguito in modo errato.

Nel primo caso, si parla di una lesione da trauma diretto o di contusione, mentre nel secondo caso si parla di trauma indiretto.

Le contusioni sono semplici da diagnosticare, in quanto il soggetto riesce a individuare il momento in cui ha avvertito dolore.

In base all’entità della limitazione del movimento che deriva dalla contusione, si parla di:

  • lesione primo grado bicipite femorale, quando il range di movimento è superiore alla metà del normale;
  • lesione di grado moderato, quando il range di movimento è tra la metà e un terzo;
  • lesione di grado severo, quando il range di movimento è inferiore ad un terzo.

Il percorso terapeutico deve iniziare prima possibile, in modo da poter riprendere in breve tempo il proprio allenamento.

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La classificazione e la diagnosi dei traumi indiretti, invece, è più complicata, in quanto si parla di contrattura e di stiramento a seconda del tipo di trauma.

Si ha una contrattura muscolare quando il dolore è accompagnato da un aumento diffuso del tono muscolare alla fine dell’attività sportiva, non riconducibile ad un preciso momento, non localizzato, ma diffuso su tutto il muscolo.

Lo stiramento, invece, comporta un dolore ben individuabile alla palpazione, che emerge in modo progressivo nel corso dell’attività sportiva, rendendone più faticoso lo svolgimento.

La lesione del bicipite femorale viene individuata facilmente, in quanto l’atleta avverte un dolore acuto e improvviso nella zona e nell’esecuzione di uno specifico movimento.

Lesione bicipite femorale recupero e trattamento

Prima di stabilire il protocollo di trattamento, è importante la fase dell’anamnesi per inquadrare l’infortunio, per valutare l’eventuale presenza di fattori predisponenti e per capire se si sia davanti ad un primo infortunio di questo tipo, se si tratti di una recidiva o se si siano già verificate recidive in passato.

Il trattamento per il recupero del muscolo deve considerare tre aspetti fondamentali:

  • il grado della lesione;
  • la sede della lesione;
  • la tipologia di paziente.

Centrale nell’ambito del percorso riabilitativo è il monitoraggio costante dei progressi e dell’andamento del trattamento.

Tale monitoraggio deve essere sia di tipo clinico che ecografico, in modo da scongiurare il rischio di errori di trattamento.

Nella fase acuta, subito dopo il trauma, è necessario procedere a fasciature compressive e all’applicazione di ghiaccio, così da arrestare l’emorragia.

Una volta eseguito l’esame clinico ed ecografico, è possibile dare inizio al trattamento riabilitativo controllando il dolore attraverso terapie fisiche, quali il laser, la tens endorfinica e, in seguito, l’ultrasuono.

Consigliati sono anche gli esercizi di allungamento e di distensione, che permettono al paziente di recuperare la mobilità.

Lesione bicipite femorale tempi recupero

Lesioni o strappi muscolari al bicipite femorale richiedono tempi di recupero maggiori rispetto a quanto necessario in caso di stiramento o contrattura.

Ciò avviene perché in una lesione muscolare bicipite femorale vi è la presenza di una lesione anatomica la cui gravità varia in base alla quantità di tessuto coinvolto e del versamento ematico.

Altro segnale di gravità della lesione è dato dal momento in cui si manifesta l’impotenza funzionale: quanto prima si manifesta, tanto più grave è la lesione.

Gomito del Tennista

Che cos’è il gomito del tennista?

Il gomito del Tennista è una patologia che colpisce i tendini estensori del gomito.

Tale problematica chiamata con il termine epicondilite colpisce gli sportivi e non.

Viene chiamata gomito del tennista poichè colpisce principalmente i tennisti che sovraccaricano notevolmente i tendini epicondiloidei durante i movimenti del tennis. Esiste anche tuttavia una sindrome chiamata gomito del golfista o epitrocleite che interessa appunto i golfisti e colpisce i tendini flessori.

Le cause di tale tendinite sono molteplici e la cura talvolta richiede tempi di recupero molto lunghi a causa di cure non adeguate, al non riposo atletico e a cause della poco vascolarizzazione a cui sono sottoposti i tendini che comportano un’allungamento dei tempi di recupero.

Anatomia del Gomito

Il gomito è un articolazione posta tra braccio e avambraccio che ha la funzione di allungare e accorciare l’arto superiore per orientare la mano nello spazio.

Tale articolazione è composta da tre ossa quali: porzione inferiore dell’omero, estermità superiore di radio e ulna.

Come detto precedentemente consente di orientare la mano nello spaziono tramite i movimenti di pronazione e supinazione.

Proprio questi due movimenti di prono-supinazione ripetuta portano uno stress tendineo eccessivo che va incontro ad infiammazione se troppo sollecitati e ripetuti provocando per l’appunto il gomito del tennista.

I muscoli coinvolti in tale infiammazione sono i muscoli estensori chiamati epicondiloidei quali: estensione radiale lungo e breve, estensore comune delle dita.

Viene coinvolto in questa problematica inoltre il muscolo bicipite brachiale e brachio radiale.

Cause di infiammazione del Gomito

Le cause del gomito del tennista sono da ricercare soprattutto nei movimenti ripetuti e/o errati.

Come detto precedentemente i movimenti che provocano infiammazione dei tendini estensori epicondiloidei sono la prono-supinazione.

Vediamo un elenco di cause scatenanti tale infiammazione:

  • Sovraccarico Funzionale( tennis, beach-tennis, squash…)
  • lavori manuali ( idraulico, imbianchino, carpentiere…)
  • microtraumi ripetuti di gomito e polso.

I sintomi inizialmente sono lievi e consentono di proseguire l’attività sportiva o lavorativa.

Con il passare delle settimane e dei mesi il dolore diventa sempre più forte e insistente comparendo anche nei movimenti semplici come il lavarsi i denti o sfilare una coperta.

Il dolore avvertito dal soggetto affetto da gomito del tennista è avvertito nella zona laterale del gomito a livello del capitello radiale.

Diagnosi 

La diagnosi è di tipo medico clinico obiettivo.

Tramite test di digito-palpazione della zona di inserzione dei tendini e test di tipo ortopedico si giunge velocemente e semplicimente alla diagnosi di epicondilite.

A support del medico esaminatore vengono esami come la radiografia, l’ecografia muscolo-tendinea o la risonanza magnetica.

Talvolta tali indagini strumentali non sono richieste poichè la sola diagnosi clinica consente una valutazione certa e sicura della patologia.

La cura prevede l’utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei, riposo funzionale, fisioterapia strumentale e manuale e tutori.

Molto importante risulta nella fase di guarigione la rieducazione funzionale per migliorare il movimento e il gesto atletico per non rischiare eventuali recidive.

Tutore 

I tutori in caso di epicondilite sono molto utili soprattutto nella fase acuta della problematica e sono utilizzati soprattutto durante il riposo funzionale.

Migliorata la sintomatologia dolorosa è consigliato il movimento per consentire al tendine infiammato di rigenerarsi e pertanto l’uso del tutore in tale fase p controindicato.

Fisioterapia per gomito del tennista

Come detto precedentemente la fisioterapia prevede tecniche strumentali e manuali.

La terapia di elezione in caso di gomito del tennista è la terapia con le onde d’urto.

Tale strumento consente una riduzione del dolore, dell infiammazione, aumento della vasodilatazione locale, azione decontratturante e formazione di nuovi vasi sanguigni.

Vengono insegnati esercizi di tipo stretching ed esercizi eccentrici per migliorare l’elasticità muscolo-tendinea e rinforzare il tendine allo stesso tempo.

Gli esercizi proposti per la tendinite devono essere eseguiti dal paziente al proprio domicilio sia durante la fase di cura che per prevenire eventuali recidive.

Se anche tu soffri della sindrome del gomito del Tennista prenota ora una Visita Gratuita allo 0813419278

Strappo muscolare al polpaccio: cura e tempi di recupero

Strappo muscolare polpaccio: cura e tempi di recupero

Tra gli infortuni cui vanno incontro gli sportivi, lo strappo muscolare al polpaccio è uno dei più comuni. Dopo un infortunio, è bene accertarsi sulla gravità della lesione e sul tipo di lesione: ti spieghiamo le differenza tra strappo, stiramento e contrattura muscolare.

Il più delle volte, chi pratica un’attività sportiva rischia lo strappo per mancanza di riscaldamento (che prepara i muscoli allo sforzo) e di stretching (che assicura elasticità scongiurando i rischi di infortuni e lesioni).

La struttura del polpaccio ricopre un ruolo fondamentale per le attività di carico e per la locomozione. Lo strappo interessa soprattutto sport come corsa, calcio, tennis, ciclismo, triathlon, atletica (salto con l’asta), pallavolo. Può, comunque, verificarsi anche nella vita di tutti i giorni (inseguendo un autobus o spostando carichi pesanti).

I due muscoli che costituiscono il polpaccio sono il soleo (localizzato in profondità) e il gastrocnemio (più vicino alla cute). Collegano il tallone alla parte posteriore del ginocchio e sono responsabili della flessione plantare del piede. In genere, uno strappo al polpaccio interessa l’area vicino al tallone (vicino al tendine d’Achille) ed è provocato da un’eccessiva sollecitazione (scatti improvvisi, brusche contrazioni), da un’improvvisa accelerazione o decelerazione.

Per valutare la terapia più adeguata, è fondamentale eseguire una diagnosi tempestiva ed accurata individuando il grado di lesione: lo strappo polpaccio (o distrazione muscolare) presenta tre diversi livelli di gravità in base al numero di fibre muscolari coinvolte.

Come intervenire? Quali sono i tempi di recupero? La Fisioterapia d’elezione risponde.

Strappo muscolare al polpaccio, contrattura e stiramento: le differenze

Si distinguono tre diverse tipologie di lesione al polpaccio:

  • strappo;
  • stiramento;
  • contrattura.

Come è possibile riconoscere le tre differenti lesioni?

Lo stiramento, infortunio molto comune tra gli sportivi, di solito guarisce con il riposo per un periodo di 2-3 settimane. Provoca un dolore localizzato improvviso, acuto ma spesso sopportabile. In caso di dolore intenso, il medico prescriverà una terapia antinfiammatoria e fisioterapia mirata (Tecarterapia). Spesso, si verifica a causa di scarso riscaldamento o allenamento su terreno sconnesso con scarpe inadeguate.

La contrattura, come suggerisce il nome, causa una contrazione involontaria del muscolo superiore alle possibilità della fibra muscolare: non si verifica la rottura delle fibre, ma il muscolo perde elasticità. Provoca dolore e rigidità della fibra, limitazione funzionale, difficoltà a deambulare. Rappresenta una delle lesioni più frequenti e la meno grave. Si verifica spesso in mancanza di stretching e riscaldamento prima dell’allenamento. I tempi di recupero variano a seconda dell’efficacia del trattamento prescritto. Di solito, è sufficiente una settimana di riposo se la terapia è adeguata (include massaggi decontratturanti eseguiti da un fisioterapista qualificato, cicli di Tecarterapia e Ultrasuoni).

Lo strappo muscolare porta ad una dolorosa rottura delle fibre muscolari, a seguito di eccessive sollecitazioni alle fibre stesse (per esempio a causa di scatti o contrazioni improvvise). In base alle fibre compromesse dall’infortunio, lo strappo può essere più o meno grave. Questa lesione si manifesta con dolore acuto, simile alla sensazione di una stilettata, che insorge improvvisamente. In questo caso, è bene interrompere subito l’attività fisica e rivolgersi tempestivamente ad un ortopedico per la valutazione della gravità del trauma.

I tre gradi di gravità dello strappo muscolare al polpaccio

Si distinguono tre livelli di gravità per lo strappo muscolare ovvero lesione di:

  • Primo grado con sensazione costante di crampo e fitte dolorose mediamente intense, che non implica una riduzione funzionale del muscolo. Questo primo stadio coinvolge il 5-10% delle fibre muscolari e non si ha un’importante perdita di forza o limitazione del movimento;
  • Secondo grado con dolore elevato simile ad una fitta (quando il muscolo del polpaccio è sotto sforzo) a seguito di una violenta contrazione muscolare. In questo stadio, la rottura delle fibre va dal 50% al 90%. La lesione condiziona il gesto atletico; permette allo sportivo di continuare l’allenamento o la gara ma, ad ogni tentativo di contrarre il muscolo, il dolore rischia di acuirsi. Si manifesta un edema (gonfiore) e lividi considerando la compromissione dei capillari;
  • Terzo grado con dolore più forte che non consente di muovere la gamba, presenza di ematoma e gonfiore. In quest’ultimo stadio la lesione è gravissima e coinvolge almeno 3/4 delle fibre muscolari. Avviene il distaccamento totale del muscolo che lo separa completamente dalla sua sede e causa completa impotenza funzionale.

Cause

Le possibili cause responsabili di strappo muscolare al polpaccio sono:

  • Riscaldamento inadeguato prima dell’allenamento o di una gara;
  • Mancanza di stretching;
  • Attività fisica non adatta alla propria preparazione o capacità, sforzi eccessivi;
  • Movimento brusco, scorretto, innaturale con eccessiva estensione di un arto o sollecitazione impropria che può coinvolgere i due muscoli gemelli, il mediale e il laterale, il soleo;
  • Utilizzo di scarpe inadeguate;
  • Allenamento su terreni non adatti;
  • Allenamento in ambienti freddi e umidi, temperature troppo rigide;
  • Vita sedentaria e scarsa attività fisica;
  • Sovrappeso;
  • Problemi posturali o di appoggio plantare;
  • Precedenti lesioni trascurate o mal curate;
  • Età avanzata;
  • Squilibrio tra muscoli agonisti e antagonisti.

Lo strappo muscolare al polpaccio può verificarsi in qualsiasi momento della giornata, ma colpisce maggiormente gli sportivi (soprattutto calciatori, ciclisti, runner).

Sintomi

A seconda del livello di gravità dello strappo muscolare, chi ne è colpito può accusare i seguenti sintomi:

  • Dolore acuto localizzato nella zona lesionata, tanto più intenso quanto maggiore è il numero di fibre compromesse dall’infortunio. Spesso, si acutizza in fase di contrazione del muscolo coinvolto;
  • Muscolo rigido e contratto;
  • Limitazione o impossibilità di muovere l’arto;
  • Edema e gonfiore (per lesioni di II e III grado);
  • Ematoma, lividi.

Complicazioni

Le maggiori complicazioni si riferiscono allo stravaso ematico con ematomi a valle della lesione. Gli ematomi possono essere superficiali o profondi.

Un’altra complicanza, in genere, è data dalla contrattura muscolare, una reazione di difesa del corpo che cerca di riparare il danno subito nell’infortunio immobilizzando l’area interessata.

Nel 10% dei casi di lesione al soleo, potrebbe manifestarsi una TVP (trombosi venosa profonda), un coagulo del sangue nella gamba che può provocare gravi complicazioni nel caso in cui si spostasse ai polmoni. Una condizione del genere richiede cure mediche immediate.

Una diagnosi tempestiva ed accurata consentirà, in qualsiasi caso, di valutare la terapia più adeguata, di accelerare i tempi di recupero e prevenire recidive.

Diagnosi

Oltre alla visita medica fisiatrica (anamnesi, esame obiettivo), per verificare un eventuale strappo muscolare e qual è il grado di lesione, è necessario sottoporsi ad un’ecografia attraverso cui valutare l’integrità delle fibre muscolari, la presenza di edema o distensioni.

Il più delle volte, non serve eseguire una Risonanza Magnetica.

Terapia conservativa e intervento chirurgico

Per intervenire sullo strappo muscolare al polpaccio è necessario:

  • sospendere immediatamente l’attività fisica;
  • immobilizzare la zona colpita tenendo la gamba sollevata il più possibile per favorire la circolazione e intervenire subito sull’edema;
  • applicare ghiaccio;
  • comprimere con una benda o calza elasticizzata (operazione che spetta a personale esperto);
  • fisioterapia e riabilitazione.

In caso di lesione di primo grado, il medico prescriverà farmaci antinfiammatori (per contenere gonfiore e dolore) e miorilassanti (per eliminare la tensione muscolare) consigliando esercizi di stretching. La lesione adeguatamente curata si risolve nell’arco di 1-2 settimane.

Per le lesioni di secondo grado, i tempi di recupero previsti in caso di una terapia efficace sono di almeno 15-30 giorni. Prima di riprendere l’attività sportiva, sarà necessario seguire un percorso di fisioterapia e riabilitazione.

Se la lesione è di terzo grado (con rottura totale del muscolo) l’intervento di chirurgia ricostruttiva è inevitabile: durante l’operazione, il chirurgo provvederà a riattaccare i lembi muscolari o il tendine. In questo caso, saranno necessari 3 mesi circa dall’intervento e dalla riabilitazione per guarire.

Dopo l’intervento, è necessario seguire un percorso di fisioterapia e riabilitazione. Tecarterapia e Onde d’Urto risultano essere trattamenti fondamentali nella fase post-operatoria in quanto rigenerano il tessuto cellulare evitando la formazione di profonde cicatrici.

La ripresa di una leggera attività fisica sarà possibile dopo 3-4 mesi dal trauma.

Trattamenti mirati di Fisioterapia d’elezione

Il Centro Ryakos offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale per programmare un percorso terapeutico personalizzato.

Per le lesioni di I e II grado, è necessario seguire un percorso di Fisioterapia e Riabilitazione.

I migliori trattamenti di Fisioterapia d’elezione, i più efficaci, rapidi e risolutivi, sono:

  • Tecarterapia (Human Tecar), trattamento strumentale avanzato che consente di ridurre il dolore, favorire i processi riparativi e rigenerare i tessuti danneggiati grazie alla trasmissione di cariche elettriche endogene agli strati muscolari più profondi;
  • Laser Yag ad Alta Potenza;
  • Ultrasuoni;
  • TENS che interviene sul dolore consentendo il rilassamento del muscolo;
  • Onde d’Urto per favorire la cicatrizzazione della lesione

Per sciogliere rigidità e contratture muscolari, dopo aver risolto dolore e infiammazione, si procederà con:

  • Massaggio terapeutico;
  • Trattamento fasciale;
  • Kinesio taping, tecnica di bendaggio elastico che favorisce la vascolarizzazione del muscolo e il drenaggio di un eventuale edema aiutando la contrazione muscolare;
  • Esercizi terapeutici mirati (stretching, esercizi isometrici, isotonici e dinamici, di rinforzo muscolare, propriocettivi).

Lo step finale, se il soggetto presenta deficit posturali riscontrati attraverso l’Esame Baropodometrico, è la Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres che ripristina la postura dell’intera colonna vertebrale, di arti superiori e inferiori attraverso l’allungamento graduale della catena muscolare posteriore.

I tempi di guarigione di una lesione muscolare al polpaccio variano da un minimo di un mese fino a 3-4 mesi per lesioni più gravi.

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La pubalgia nei calciatori

La pubalgia nei calciatori: sindrome retto-adduttoria e Fisioterapia

Quella che, tecnicamente, viene chiamata la sindrome retto-adduttoria è meglio nota come pubalgia nei calciatori. Perché questa patologia è stata ribattezzata pubalgia del calciatore?

E’ uno degli infortuni da sovraccarico che colpisce più di frequente i calciatori (senza, peraltro, risparmiare runner, ciclisti, nuotatori, giocatori di basket ed altri sportivi) per via di determinati gesti sportivi ripetuti, per la tipologia di gioco che porta a determinate azioni fisiche in campo (ti spiegheremo più avanti).

La sindrome retto-adduttoria coinvolge gli addominali (retto, obliqui, trasversi), gli adduttori (brevi, lunghi e grandi), la sede inguinale o pubica all’area interna delle cosce ed altri muscoli del bacino come piramidale e pettineo.

Quali sono le cause o, meglio, le azioni di gioco che scatenano la pubalgia nei calciatori? Con quali sintomi si manifesta? Come prevenirla e, soprattutto, come curarla? Quali sono le terapie da seguire e perché la Fisioterapia è quella d’elezione?

Rispondiamo a queste ed altre domande.

La pubalgia nei calciatori: cause dovute alla tipologia di gioco

Alla base di questa patologia c’è sempre un sovraccarico funzionale dei muscoli adduttori della coscia legato a microtraumi ripetuti nel tempo.

I calciatori (professionisti o dilettanti) sono gli sportivi più soggetti a pubalgia a causa del tipo di gioco che prevede azioni esplosive (salti, scatti, dribbling, cutting, bruschi cambi di direzione, ecc.). Queste azioni sollecitano notevolmente le strutture osteotendinee della zona pubica. Il sovraccarico è dovuto al workout in condizioni di affaticamento ma anche ad altri fattori come:

  • Maggior debolezza dei muscoli adduttori rispetto a quelli di bacino e coscia;
  • Sovrappeso;
  • Deficit di equilibrio tra i gruppi muscolari che si inseriscono nel pube (specie tra addominali e adduttori);
  • Vari dimorfismi degli arti inferiori;
  • Problematiche posturali dinamiche (dovute, ad esempio, al piede piatto);
  • Lombalgia che, col tempo, può creare infiammazione del retto addominale e degli adduttori;
  • Iperlordosi;
  • Colite;
  • Vertebre lombari rigide;
  • Scarpe inadeguate;
  • Terreni troppo duri, troppo morbidi o sconnessi.

Altre cause associate si ricollegano a malattie tendinee o muscolari, ossee o articolari, patologie infettive, borsiti.

Le tre principali tipologie di pubalgia

Sono principalmente tre le tipologie di pubalgia a seconda della causa scatenante:

  • Tendinopatia inserzionale nel caso in cui la pubalgia è provocata da microtraumi a carico dei muscoli addominali e della coscia;
  • Sindrome sinfisiaria se la pubalgia è dovuta a microtraumi indotti dai muscoli adduttori a seguito di movimenti che creano squilibrio al bacino.
  • Sindrome della guaina del retto addominale nei casi in cui il calciatore compie movimenti responsabili di una forte tensione della muscolatura addominale, cui segue stiramento e compressione del nervo perforante.

I sintomi della pubalgia

I sintomi della sindrome retto-adduttoria sono:

  • Dolore localizzato prevalentemente nella regione pubica, in tutto il distretto inguinale e, in particolare, nella zona del retto addominale e degli adduttori;
  • Possibile irradiazione del dolore al ginocchio, coccige e coste;
  • Impotenza funzionale a causa del dolore;
  • Costante necessità di svuotare la vescica anche quando è vuota.

Il dolore può essere leggero o molto acuto, costante o avvertito solo quando si pratica sport o alla palpazione: se viene trascurato o curato non adeguatamente, può diventare cronico e invalidante.

Diagnosi

Per evitare di trascurare una patologia che può cronicizzarsi, è importante intervenire tempestivamente innanzitutto eseguendo una diagnosi accurata.

Il medico ortopedico, dopo aver effettuato l’esame clinico anche attraverso test specifici, potrà prescrivere a seconda dei casi:

  • Ecografia;
  • Risonanza Magnetica Nucleare;
  • TAC;
  • Scintigrafia;
  • Erniografia (per escludere la presenza di un’ernia inguinale).

Cura e trattamento conservativo

La terapia conservativa per curare la pubalgia prevede:

  • Un periodo di riposo assoluto, totale astensione dall’attività sportiva fino alla scomparsa del dolore;
  • Applicazione di ghiaccio sull’area dolente per 10-15-minuti 3 volte al giorno;
  • Assunzione di farmaci antidolorifici, antinfiammatori non steroidei o – nei casi più gravi – una terapia infiltrativa a base di corticosteroidi;
  • Esercizi di stretching almeno una volta al giorno

Si ricorre raramente all’intervento chirurgico nei casi estremi di pubalgia, quando le altre terapie non sortiscono alcun effetto.

I migliori trattamenti di Fisioterapia per la cura della pubalgia nei calciatori

La terapia conservativa deve essere associata a trattamenti fisioterapici/riabilitativi per sperare di guarire e risolvere la pubalgia. Il medico ortopedico e, ancor più, il fisioterapista interviene non soltanto per risolvere la sintomatologia dolorosa ma anche per scoprire la causa che genera il problema.

Una cura completa,  risolutiva e duratura è possibile soltanto se si scopre e si corregge la causa.

I seguenti trattamenti fisioterapici d’elezione (strumentali e manuali) sono finalizzati ad eliminare infiammazione e dolore e, successivamente, a mobilizzare l’articolazione rinforzando allo stesso tempo i muscoli interessati:

  • Tecarterapia;
  • Laser Yag ad alta potenza;
  • Magnetoterapia;
  • Ultrasuoni;
  • Onde d’Urto, il trattamento migliore e rigenerante;
  • Kinesiotaping;
  • Terapia manuale eseguita dall’Osteopata per liberare l’articolazione;
  • Manipolazione miofasciale dei trigger point;
  • Esercizi terapeutici (eccentrici, stretching, rinforzo muscolare, recupero del gesto sportivo e del range di movimento).

Fisioterapia: dalla cura del sintomo alla correzione della causa scatenante

Un fisioterapista ‘serio’ non si ferma alla cura dei sintomi, ma riesce a scoprire la causa ed a correggerla per evitare recidive.

Se la causa è un deficit muscolare interverrà per riequilibrarlo.

Se la causa è di tipo posturale ti proporrà di sottoporti alla rieducazione posturale totale grazie al metodo Mezieres, subito dopo aver eseguito l’esame Baropodometrico che controlla minuziosamente la condizione posturale dell’intera colonna vertebrale.

E’ possibile lavorare sulla postura agendo sull’intera lunghezza di tutti i distretti muscolari, specie sullo psoas, sul retto addominale e sulla catena dei flessori.

Il Centro Ryakos pianifica un percorso terapeutico personalizzato in base alle ‘tue’ condizioni ed esigenze. La prima visita è gratuita.

Come prevenire la pubalgia nei calciatori

Prevenire è meglio che curare anche e, soprattutto, in riferimento alla pubalgia.

Ti diamo qualche consiglio:

  • Utilizza scarpe adeguate sia durante l’allenamento sia nella vita di tutti i giorni, possibilmente utilizzando solette antishock absorbing come le Noene che riducono il sovraccarico;
  • Segui una dieta adeguata: uno stato di disidratazione o intossicazione può coinvolgere lo psoas (collegato a rene ed intestino) e, quindi, causare infiammazione e pubalgia;
  • Potenzia la muscolatura addominale e gli ischio-crurali (1-2 volte alla settimana);
  • Esegui esercizi di allungamento della zona lombare e degli ischio-crurali ed esercizi di riscaldamento (stretching dinamico) prima di allenarti;
  • Mantieni sempre una corretta postura secondo le indicazioni del fisioterapista;
  • Effettua regolarmente esercizi di propriocettività con pedane instabili in diverse posizioni (che il fisioterapista di fiducia ti mostrerà) per migliorare le prestazioni dei muscoli stabilizzatori, inclusi quelli coinvolti nella sindrome retto-adduttoria. Ti serviranno, oltretutto, per prevenire lesioni al legamento crociato anteriore e distorsioni alla caviglia.

Le infiammazioni della spalla causate dal nuoto

Le infiammazioni della spalla causate dal nuoto: Fisioterapia d’elezione

La cosiddetta ‘spalla del nuotatore’ (patologia che interessa le infiammazioni della spalla causate dal nuoto) può colpire anche soggetti che praticano altri sport come  tennis, sollevamento pesi, lancio del disco, baseball.

L’infiammazione corrisponde ad una tendinite della cuffia dei rotatori dovuta a sovraccarico in fase di allenamento quotidiano. Perché proprio nuotatori (professionisti e dilettanti) o tennisti?

Prima di rispondere, ripassiamo un po’ di anatomia. La cuffia dei rotatori comprende muscoli (sovraspinato, sottospinato, sottoscapolare, piccolo rotondo) e tendini che contribuiscono alla stabilizzazione della spalla. La sua funzione è mantenere la testa dell’omero nella cavità glenoidea della scapola.

I tendini di questi muscoli si infiammano spesso quando si praticano sport che costringono a portare ripetutamente il braccio al di sopra della testa.

Il gesto sportivo ripetuto fino all’estremo può causare patologie alla spalla dovute a sovraccarico. Il nuoto è, certamente, lo sport che causa più di frequente questo tipo di problema; perciò, in gergo sportivo, si parla di ‘spalla del nuotatore’.

Analizziamo le cause, i sintomi e, soprattutto, vediamo quali sono le cure più efficaci per intervenire non soltanto sulla sintomatologia dolorosa ma sulle cause scatenanti per evitare recidive.

La soluzione definitiva arriva da alcuni trattamenti di Fisioterapia d’avanguardia.

Le infiammazioni della spalla causate dal nuoto: errori tecnici e sovraccarico

La spalla, area di raccordo tra clavicola, scapola e omero in cui si incontrano 5 diverse articolazioni, è particolarmente mobile, dunque più soggetta ad infortuni. Rappresenta l’articolazione che offre il più alto grado di mobilità e, allo stesso tempo, di instabilità.

Da questa instabilità derivano molti disturbi. Bisogna, quindi, tener presente che ogni gesto sportivo che coinvolge la spalla deve prevedere un adeguato rinforzo delle strutture muscolari interessate.

Le infiammazioni della spalla causate dal nuoto possono essere dovute a:

  • Sforzi improvvisi dell’articolazione in assenza, oltretutto, di adeguato riscaldamento o rinforzo dei muscoli periarticolari;
  • Sovraccarico di lavoro;
  • Evoluzione tecnica con strumenti inappropriati;
  • Modifiche delle tecniche di allenamento;
  • Incremento delle competizioni con tempi stretti tra una gara e l’altra, con riposo e recupero ridotti.

Il gesto atletico del nuotatore

Durante la nuotata, l’atleta muove la mano nell’acqua per dare la giusta spinta: si tratta di un gesto sportivo durante cui l’acqua crea una forza contraria a quella del nuotatore. La spinta non fa che creare tensione alla testa dell’omero che, portandosi in avanti, provoca stress alla capsula articolare ed ai tendini anteriori.

Il dolore causato da questo gesto crea altro dolore in quanto fa risalire la testa omerale riducendo lo scorrimento tendineo del sovraspinoso con conseguente usura ed infiammazione.

Questo dolore spesso scompare man mano che i muscoli si scaldano ed il nuotatore, il più delle volte, fa l’errore di sottovalutare questo campanello d’allarme destinato a ripresentarsi.

I sintomi

Il soggetto colpito da infiammazioni della spalla causate dal nuoto avvertirà dolore alla parte anteriore che si estende lungo il lato del braccio in corrispondenza dei tendini, soprattutto quando solleva il braccio sopra il livello delle spalle.

L’abduzione dell’omero risulterà debole per l’atrofia dovuta a ridotto utilizzo del deltoide.

Oltre al dolore dovuto ad overuse funzionale, il nuotatore accuserà altri sintomi: gonfiore e rigidità quando solleva o abbassa il braccio e talvolta dolore la notte.

Diagnosi e terapia conservativa

E’ importante rivolgersi ad un medico ortopedico che, dopo una visita accurata corredata da una serie di test, prescriverà esami strumentali (risonanza magnetica, RX, ecografia) per verificare quali tendini o  strutture anatomiche sono coinvolte.

Quando si accusa dolore, la prima cosa da fare è osservare un periodo di riposo evitando movimenti di spinta ed assumendo farmaci antinfiammatori non steroidei e antidolorifici.

Come per tutte le patologie infiammatorie, si rivela molto utile l’applicazione di ghiaccio sulla parte interessata: va applicato più volte al giorno (almeno 3-4) per 10-15 minuti.

Il medico ortopedico potrà prescrivere l’utilizzo di un tutore spalla che ha varie funzioni: ridurre il dolore, proteggere l’area dolorante e bloccarla, sostenere il movimento del braccio, stabilizzare la clavicola ed evitare movimenti bruschi che possono peggiorare la situazione. Il tutore spalla ideale non deve bloccare la circolazione né viziare la postura.

Fisioterapia: i trattamenti d’elezione per le infiammazioni alla spalla causate dal nuoto

Una volta superata la fase acuta, è necessario eliminare del tutto infiammazione e dolore per, poi, iniziare un percorso finalizzato a mobilizzare l’articolazione, recuperare flessibilità, funzionalità muscolare ed articolare e rinforzare i muscoli della spalla (al fine di evitare rischi di lussazione).

Per fare tutto questo, il percorso fisioterapico prevede i seguenti trattamenti d’elezione (strumentali e manuali) ad effetto antinfiammatorio e rigenerativo:

  • Tecarterapia;
  • Magnetoterapia;
  • Laser Yag ad Alta Potenza;
  • Onde d’urto;
  • Trattamento manuale eseguito dall’Osteopata
  • Trattamento miofasciale dei trigger point;
  • Esercizi specifici (stretching, di rinforzo e di recupero del gesto) consigliati dal fisioterapista.

Sicuramente, il fisioterapista raccomanderà esercizi personalizzati per la cuffia dei rotatori in base alle condizioni del singolo paziente.

In linea generale, si eseguono svariati esercizi utilizzando pesi minimi (da un chilo e mezzo o due) o una banda elastica sia per prevenire infiammazioni sia nel percorso di riabilitazione. Si tratta esercizi preziosi che impegnano pochi minuti al giorno.

Il recupero della postura

Ti raccomandiamo di ripetere a casa gli esercizi indicati dal Fisioterapista in modo costante per recuperare forza muscolare, flessibilità ed una corretta funzionalità muscolare ed articolare.

La Fisioterapia resta la terapia d’elezione anche per le infiammazioni della spalla causate dal nuoto. L’intervento riabilitativo ha un ruolo cruciale: mira al recupero di una buona postura attraverso il rinforzo dei muscoli stabilizzatori per ripristinare un corretto posizionamento della scapola e centratura della testa omerale sulla glena.

Insieme alla rieducazione muscolare ed articolare, il fisioterapista controllerà la tua condizione posturale sottoponendoti allesame Baropodometrico computerizzato. Se necessario, ti consiglierà il metodo Mezieres, il miglior percorso fisioterapico per il recupero totale della corretta postura.

Sovraccarico, infiammazione e conseguente disfunzione all’articolazione della spalla, a lungo andare, possono causare un meccanismo a catena che rischia di compromettere la postura dell’intera colonna vertebrale. Non dimenticare che la spina dorsale può funzionare bene (senza provocare infiammazione e dolore) soltanto con il giusto equilibrio.

Ripristinare la funzionalità articolare serve ad assicurare mobilità, stabilità ed una postura corretta anche per evitare recidive.

Il Centro Ryakos offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale (comprensiva di test fisioterapici, ortopedici, muscolari, funzionali, neurologici, ecc.).

Ognuno di noi è un essere unico, con la propria struttura e problematiche: nel nostro centro, prima di eseguire qualsiasi terapia, viene pianificato un programma terapeutico personalizzato che punta alla soluzione definitiva, di sicuro successo.

La danza classica e le infiammazioni all’anca e al tendine d Achille

La danza classica e le infiammazioni dell’anca e del tendine d’Achille

In questo articolo andremo ad analizzare la danza classica e le infiammazioni dell’anca e del tendine d’Achille di cui spesso soffrono i ballerini che, solitamente, iniziano ad allenarsi da giovanissimi.

Ore ed ore di allenamento quotidiano finalizzato a perfezionare ogni singolo passo, ad acquisire forza ed elasticità muscolare.

L’abilità raggiunta dal ballerino è il risultato di un’attività dura e costante che inizia dall’infanzia per acquisire una padronanza totale del ‘gesto artistico’, leggerezza, equilibrio, fluidità di movimento.

Col passare del tempo, nella danza si sviluppano determinate modifiche muscolo-scheletriche responsabili di frequenti infortuni, patologie o disturbi dolorosi a causa del sovraccarico funzionale dovuto a questo genere di sport/arte.

Vedremo quali sono tutti i disturbi che un ballerino può rischiare concentrando il nostro interesse sulle infiammazioni dell’anca e del tendine d’Achille. Perché si infiammano? Quali sono i sintomi? Come risolvere il problema?

Infiammazione anca della ballerina: cause, sintomi, rimedi

I ballerini, per via delle posizioni innaturali e anti-fisiologiche assunte mentre eseguono i passi di danza (movimenti ripetuti per diverse ore), sono soggetti a vari disturbi a carico della colonna vertebrale (soprattutto l’area lombare e cervicale), traumi al piede (tra cui alluce valgo, tendine d’Achille e fascite plantare), alla caviglia e al ginocchio (distorsione, lesione del menisco), traumi muscolari (contratture, stiramenti), infiammazioni all’anca accompagnate da dolore.

Zoomiamo su tendine d’Achille e infiammazione all’anca

Ballerini e ballerine lamentano spesso dolore all’anca, specie quando eseguono i tipici movimenti en-dehors (in extrarotazione) oppure quando l’intero peso del corpo è a carico di una sola gamba.

Esami diagnostici strumentali (radiografia o risonanza magnetica dell’articolazione coxo-femorale) il più delle volte non riportano alcuna lesione strutturale. Ciò significa che infiammazione e dolore sono dovuti ad uno squilibrio dei muscoli rotatori dell’anca (piriforme, ileo-psoas, sartorio, glutei).

Soprattutto quando i movimenti vengono eseguiti con errori tecnici o posture sbagliate oppure a causa di fattori anatomici, l’anca può subire effetti deleteri, stress mio-tendinei e capsulari.

A volte, il ballerino o la ballerina avverte uno strano rumore durante l’esecuzione di determinati movimenti, una sensazione di ‘scatto’ (come se l’anca fuoriesca), un click anteriore o snap che viene provocato dal tendine dell’ileo-psoas. Questo click può arrecare fastidio durante il movimento ma non è una patologia.

Il dolore a livello dell’anca (che aumenta mentre si esegue un rond de jambe, ad esempio) può derivare da infiammazione di una delle tante borse di cui dispone, come quella localizzata tra gran trocantere e bandeletta ileotibiale o la borsa situata tra capsula articolare e tendine dell’ileo-psoas.

In tutti i casi, è necessario seguire un corretto programma di stretching, esercizi di mobilità articolare, massaggi, correzioni della postura o perfezionamenti nella tecnica della danza.

A proposito di movimento en-dehors

In riferimento al movimento en-dehors, deve essere chiaro un concetto per il ballerino: la componente scheletrica non può essere modificata con l’allenamento. Ogni sforzo deve concentrarsi sull’ottimizzazione del lavoro muscolare e del controllo propriocettivo senza dover forzare l’articolazione dell’anca oltre i limiti consentiti.

Ogni danzatore deve conoscere la propria abilità di extraruotare le anche e le differenze di mobilità tra un’anca e l’altra. Il test migliore per valutare la rotazione esterna delle anche è il test passivo in posizione prona.

In questo test, l’insegnante di danza o il fisioterapista, dopo aver fatto rilassare il ballerino, sposta la gamba con il ginocchio flesso a 90° in dentro e in fuori come se l’arto inferiore fosse l’asta di un metronomo.

Con questa manovra è possibile capire se il movimento è ampio e fluido oppure se c’è un arresto precoce dell’anca in extrarotazione. In quest’ultimo caso, il ballerino non dovrà insistere nel produrre sforzi eccessivi a carico delle articolazioni.

La danza classica e le infiammazioni del tendine d’Achille: cause, sintomi, rimedi

Il tendine di Achille svolge un ruolo importante quando corriamo, camminiamo e saltiamo. S’infiamma per vari motivi tra cui un’eccessiva velocità durante la corsa, scarsa flessibilità dei muscoli del polpaccio, piede piatto, traumi, scarpe consumate o inadeguate.

Nel caso della danza classica, il tendine s’infiamma quando si eseguono numerosi salti durante l’allenamento, soprattutto se il ballerino non si prepara adeguatamente con un corretto riscaldamento e stretching.

Altre cause possono essere l’uso di scarpe da punta con lacci troppo stretti o sistemati male intorno alla caviglia, l’atterraggio scorretto dai salti. L’infiammazione del tendine d’Achille, in senso più generale, può essere dovuto anche a cause sistemiche (abuso di antibiotici, terapie per malattie croniche).

Quando s’infiamma, si manifestano i seguenti sintomi: dolore e gonfiore sopra il tallone (a circa 3 cm dal calcagno), rigidità, schiocchi all’altezza del polpaccio in fase di movimento, debolezza nella parte inferiore della gamba interessata.

La sindrome dolorosa e infiammatoria è provocata da un sovraccarico funzionale (lavoro in mezza punta) oppure da un deficit di appoggio del piede (per via, ad esempio, di un piede cavo o calcagno valgo). Si associa spesso a contrattura, piede piatto e accorciamento della muscolatura del polpaccio.

L’infiammazione di un tendine guarisce più lentamente in quanto i tendini sono poco vascolarizzati.

Per intervenire su questo problema, la terapia migliore è lo stretching, l’allungamento della muscolatura ed il massaggio decontratturante del polpaccio, oltre all’uso di una talloniera per ridurre la tensione muscolare.

La danza classica e le infiammazioni dell’anca e del tendine d’Achille: la soluzione offerta dalla Fisioterapia

Che si tratti di infiammazioni dell’anca o del tendine d’Achille, la prima cosa da fare è ridurre ed eliminare dolore e infiammazione responsabile del dolore.

In fase acuta, oltre ad applicare ghiaccio sulla zona compromessa, è consigliato assumere per un breve periodo antinfiammatori non steroidei e antidolorifici.

E’ necessario interrompere ogni attività che causa il problema ed utilizzare solette shock absorbing (come le Noene in grado di disperdere le vibrazioni generate dall’impatto piede/scarpa/terreno per evitare microtraumi), talloniere, plantari o tutore d’anca.

Per evitare che il problema si cronicizzi, l’unica via da seguire è sottoporsi prima possibile a trattamenti mirati di Fisioterapia che prevede due fasi:

  • Prima Fase durante cui si punta a ridurre ed eliminare dolore e infiammazione rigenerando i tessuti come Tecarterapia, Laser Yag ad Alta Potenza, Ultrasuoni, Onde d’Urto ad azione biostimolante;
  • Seconda Fase che mira alla mobilizzazione articolare ed al ripristino della forza muscolare come la terapia manuale osteopatica, massaggi ed esercizi specifici indicati dal Fisioterapista.

Nella fase finale, dopo aver risolto i sintomi e ripristinato la funzionalità articolare e muscolare, si procede all’esame Baropodometrico per controllare a 360 gradi la condizione posturale. Se necessario, seguirai il percorso più importante per evitare sovraccarichi e recidive: la rieducazione posturale totale attraverso il metodo Mezieres, il migliore.

Come riconoscere un Fisioterapista qualificato e competente? Uno specialista è abituato a pianificare un programma fisioterapico personalizzato in base alle tue necessità.

Body building e pesistica: rischi e danni del culturismo

Body building e pesistica: rischi e danni del culturismo, come intervenire

L’ossessione per la forma fisica spinge i più assidui frequentatori di palestre ad esagerare con gli esercizi di body building e pesistica trascurando (o ignorando del tutto) eventuali rischi e danni del culturismo.

Intendiamoci: il body building che, negli ultimi anni ha riscosso un grande successo tra gli sportivi di qualsiasi età, ha i suoi vantaggi se praticato correttamente.

E’ in grado di modellare il corpo per un mero piacere estetico e, allo stesso tempo, migliora la salute aumentando il tono muscolare ed eliminando la massa grassa. I benefici sono anche altri: potenzia i muscoli della respirazione, quindi migliora la capacità vitale, rinforza le ossa, incrementa lo spessore delle cartilagini articolari senza diminuirne l’elasticità.

Aumenta la forza e migliora il metabolismo, la postura e la muscolatura di tronco e spalle e in termini di volumi ripristina l’equilibrio in tutto il corpo.

Il culturismo porta benefici a patto che venga praticato correttamente evitando eccessivi sovraccarichi.

Insieme ai benefici esistono anche i rischi. Bisogna conoscere le regole di base del culturismo per allenarsi come si deve.

Chi si allena male cosa rischia? Pesistica e body building quali problemi portano col tempo, soprattutto se non si seguono le regole?

I danni del culturismo: tutti i rischi

Col tempo, esagerare con gli esercizi o adottare comportamenti scorretti durante il workout può far correre rischi e causare danni anche gravi.

Eccedere con il sovraccarico dei pesi, trascurare gli esercizi di stretching come pure il recupero muscolare e l’attività aerobica (corsa o ciclismo) utile per ottimizzare l’allenamento: tutto questo espone al rischio infortuni, infiammazioni, dolore, oltre a ridurre le capacità prestazionali a livello muscolare (in termini di velocità, elasticità, coordinazione).

Quali sono i danni del culturismo più frequenti?

Chi si allena senza scrupoli può rischiare infiammazioni al trapezio, deltoide, cuffie dei rotatori, dolori lombari e muscolari o alle ginocchia, strappi. Potrebbe succedere anche di peggio: infortuni più gravi come lesioni, traumi, danni alla colonna vertebrale, squilibri muscolari responsabili di indolenzimenti, contratture e diminuzione di mobilità, aneurismi, ecc. Ma vediamo quali sono i rischi più frequenti.

Infiammazioni al trapezio e al deltoide

E’ il rischio più frequente considerando che la spalla è una delle aree più sollecitate nel body building (e la più soggetta ad infortuni e infiammazioni). L’infiammazione più diffusa, la tendinite del sovraspinato, compromette trapezio e deltoide. Per ridurre il rischio, oltre al riscaldamento, è necessario qualche accorgimento: ridurre i carichi (magari aumentando le serie), allenarsi in modo più lento e controllato, usare i manubri per le alzate, alternare il workout delle spalle e del petto prevedendo una ‘pausa’ di 2 giorni per le spalle.

Infiammazioni alla cuffia dei rotatori

Le cuffie dei rotatori costituiscono un gruppo muscolare particolarmente sollecitato da vari esercizi per le spalle, per dorso e pettorali. Per evitare infortuni, prima di iniziare con i carichi è importante riscaldare bene la parte eseguendo lentamente alzate laterali con pesi leggeri oppure esercizi di rotazione della spalla utilizzando una banda elastica.

Dolori lombari

Tra i vari danni del culturismo, risultano diffusi anche i dolori che coinvolgono la zona lombare con la possibilità di soffrire di ernia del disco o protrusioni che vanno a ‘toccare’ alcuni nervi causando dolore, debolezza articolare, formicolii. Un rischio che si può evitare gestendo con molta prudenza i carichi, anteponendo un adeguato riscaldamento prima di iniziare ad allenarsi.

Dolori alle ginocchia

I dolori alle ginocchia sono causati, il più delle volte, da squat eseguiti male. Per evitare il rischio, basterà eseguirli correttamente posizionando bene i piedi (aperti appena oltre l’ampiezza delle spalle) direzionando le punte verso l’esterno e non staccando mai i talloni dal pavimento. Le cose da non fare? Non flettere il ginocchio oltre i 90° e non distendere del tutto le gambe in fase ascendente. In questo modo, si eviterà di scaricare il peso del corpo sulle articolazioni del ginocchio.

Strappi

Lo strappo è la rottura di certe fibre del muscolo troppo sollecitato, soprattutto quando non si riscalda bene la parte da allenare. Nell’ambito del body building è uno dei danni del culturismo che si verificano durante gli esercizi di panca piana e che va a colpire tricipite e deltoide. Riscaldamento ottimale, aumento graduale del peso, nessuna forzatura: in questo modo, eviterete di correre questo rischio.

Due parole sugli anabolizzanti per la crescita artificiale dei muscoli

Per finalità estetiche o competitive, il culturista attraverso il body building punta ad un solo traguardo finale: cambiare la composizione corporea sviluppando ed aumentando progressivamente la massa muscolare.

Per raggiungere questo obiettivo, si allena molto con il sollevamento pesi per acquisire massa muscolare e forza fisica, segue un’alimentazione adeguata ed uno stile di vita sano.

I più ambiziosi (o impazienti) assumono sostanze anabolizzanti (steroidi ed ormoni della crescita) per favorire l’incremento artificiale dei muscoli. Queste sostanze fanno male all’organismo? Sì e possono, talvolta, causare danni organici irreversibili e fatali.

Si parla di danni seri, da evitare assolutamente. L’obiettivo tipico del body building si può raggiungere soltanto con un allenamento attento, corretto e scrupoloso, con una dieta appropriata (assumendo il triplo delle proteine), una corretta integrazione alimentare ed uno stile di vita sano. Quindi, vi consigliamo di evitare rischi del genere causati dal doping. Qualche esempio? Acne conglobata severa, ginecomastia, caduta dei capelli, eccessiva crescita della peluria corporea, ipertensione, infertilità, atrofia dei testicoli, disfunzioni epatiche, aumento del rischio cardiovascolare, aumento dell’aggressività, psicosi e dipendenza fisica in caso di utilizzo prolungato (pensieri omicidi durante l’assunzione, pensieri suicidari in caso di astinenza).

Come rimediare ai danni del culturismo: i trattamenti di Fisioterapia più efficaci

I continui sovraccarichi sulle articolazioni possono provocare problemi di carattere infiammatorio e degenerativo. Chi pratica body building può spesso sviluppare lesioni da uso eccessivo.

In riferimento a conseguenze del culturismo praticato in maniera non corretta come dolori articolari, lombari, infiammazioni a trapezio, deltoide, cuffia dei rotatori, dolori alle ginocchia, alcuni trattamenti di Fisioterapia intervengono efficacemente per risolvere il problema.

Nella fase acuta, sarà necessario ricorrere a farmaci antidolorifici e antinfiammatori non steroidei in base a quanto prescriverà il medico.

Parallelamente, il fisioterapista dopo attenta valutazione delle condizioni fisiche generali, pianificherà un percorso personalizzato. Interverrà, innanzitutto, per ridurre ed eliminare dolore e infiammazione attraverso sedute di:

Una volta eliminati dolore e infiammazione, bisognerà lavorare sulla rigidità articolare per sciogliere e liberare l’articolazione grazie a questi trattamenti:

  • Manipolazioni e mobilizzazioni eseguite dall’Osteopata;
  • Esercizi terapeutici per il recupero del range di movimento e per rinforzare i muscoli;
  • Manipolazione miofasciale dei trigger point.

Così come è fondamentale praticare il body building attenendosi scrupolosamente alle regole di base, è altrettanto importante eseguire gli esercizi terapeutici (eccentrici, di rinforzo, stretching) facendosi seguire da un fisioterapista. Si tratta di esercizi che non si improvvisano se si vogliono ottenere risultati concreti.

Rieducazione Posturale Globale

La fisioterapia è in grado di ridurre ed eliminare dolore e infiammazione, di ripristinare la corretta funzionalità articolare, di recuperare la funzionalità muscolare e sa fare anche di più: consente il recupero della corretta postura. Una cattiva postura è, spesso, responsabile di disturbi articolari e muscolari.

Il fisioterapista, se necessario, sottoporrà il paziente ad un percorso di Rieducazione posturale totale attraverso il metodo Mezieres, il migliore per il recupero completo.

E’ importante ricordare che il percorso fisioterapico deve essere personalizzato in base alle esigenze del paziente e deve rieducarlo per evitare future recidive. Affidatevi esclusivamente a fisioterapisti specializzati.