Intervista a Corrado Comunale

Questo oggi facciamo una chiacchiera con il collega Corrado Comunale, Massofisioterapista e Osteopata esperto in Terapia Manuale Miofasciale e docente Corsi di Fibrolisi.
Indice
Corrado Comunale
Massofisioterapista
Perfezionato in Manipolazione Miofasciale Integrata
Perfezionato in Terapia Manuale Osteopatica
Perfezionato in Osteopatia (Osteopata D.O.)
Buongiorno collega cos’è la Manipolazione Miofasciale Integrata?
La tecnica di “deep tissue massage”, più comunemente conosciuta come “manipolazione miofasciale profonda è una metodica manuale, che agisce in profondità sulla fascia muscolare e sull’aponeurosi di rivestimento (tessuto connettivo resistente che riveste i ventri muscolari, li unisce l’uno all’altro e ne permette lo scorrimento).
E’ una tecnica manuale che consiste nell’allungamento delle fasce muscolari allentando le tensioni che si creano tra queste all’interno del muscolo e dei tendini con obiettivo di alleviare dolori muscolari, migliorare il movimento articolare, prevenzione e, per gli sportivi, trattamenti post-allenamento e post-gara.
Si pratica con le mani (polpastrelli e nocche), con gli avambracci e gomiti, e tra le manualità utilizzate troviamo l’allungamento dolce, ma profondo, le trazioni e le digitopressioni/compressioni.
Perché integrata?Cosa vuol dire?

Ad essa possono essere associate altre tecniche manuali, tra cui il massaggio trasverso profondo (MTP), il trattamento compressivo di trigger point (trp) e tender point (tp), e tecniche affini di raffinazione come la FCF® – FIBROLISI CONNETTIVALE e FASCIALE e la coppettazione muscolo-scheletrica, l’uso del calore diretto esogeno e delle vibrazioni.
La fibrolisi viene applicata in ultima istanza come tecnica di raffinazione.
La coppettazione è utile allo scollamento dei tessuti, alla riossigenazione di aree ischemizzate o squilibrate, alla ripulitura dopo le demolizioni di esiti corpuscoloaderenziali a seguito della fibrolisi (come fosse una grande onda che spazza via i residui e ne agevola il riassorbimento), e tanto altro ancora inteso come siacome metodo, che come estratto filosofico.
È un massaggio lento, ritmato e, in linea di massima, notevolmente profondo. Praticato in specifiche zone, dove risulta maggiormente profondo o, ancor meglio, seguendo le catene miofasciali.
Le condizioni essenziali in questo tipo di trattamento sono due :
• Precisione
• Scelta della tecnica giusta.
Secondo lei da cosa dipende il dolore miofasciale?

• OVERUSE
• SEDENTARIETA’
• TRP (Il trigger point miofasciale costituisce una realtà funzionale in cui i nocicettori sono divenuti iper-irritabili) mappatura: 400
• TPS (errore di processazione neurofisiologica) mappatura: 200
• MODIFICAZIONI DEI PATTERN STRUTTURALI (DA VARIE CAUSE) NON
ADATTATI
• POST TRAUMATICI
• ADERENZE
• GELOSI MIOFASCIALE (è anche chiamata “ispessimento generalizzato della fascia”. E’
originata da una congestione delle estremità dei vasi linfatici che circondano le cellule
connettivali fasciali e determina un ritorno della linfa di nuovo verso la direzione di arrivo
• CICATRICI PATOLOGICHE (PATHOLOGICAL SCARS)
• PRESSIONE ATMOSFERICA.
Cos’è la Fibrolisi? Come si utilizza?

Fibro[da fibra]. – Primo elemento di parole composte della terminologia scientifica, nelle quali indica connessione o relazione con una struttura fibrosa, o anche con tessuto fibroso o connettivo.
lisi-Dal gr. lýsis ‘scioglimento,scomposizione, separazione, demolizione’.
La fibrolisi consiste in un intervento specifico strumentale, finalizzato alla normalizzazione delle funzioni del sistema muscolo-scheletrico, con estrema precisione e conservando l’integrità della pelle.
Si tratta di una tecnica per uso specifico in fisioterapia e medicina riabilitativa, che offre ottimi risultati nel trattamento di varie patologie che colpiscono il sistema muscoloscheletrico, soprattutto se applicata a livello dei tessuti molli.
La sua azione di rilascio tra le partizioni interfasciali e miofasciali ripristina il corretto scorrimento dei differenti piani anatomici durante il movimento e risolve potenziali fenomeni di compressione che possono causare dolore e disfunzione.
In presenza di eventi acuti la risposta del nostro organismo non sempre è ottimale. Il processo di guarigione può non essere perfetto e il risultato è la presenza di “cicatrici” o “aderenze” nei muscoli o nei tendini.
Tali cicatrici si presentano sotto varie forme come noduli o aderenze fibrose. A volte il processo di riassorbimento di tali strutture può durare mesi, se spontaneo, a volte può non avvenire. La fibrolisi cerca di avviare o accelerare il processo di riassorbimento, riportando il tessuto in condizioni di normalità.
È possibile simulare i benefici della fibrolisi in casi molto semplici, per esempio quando un evento traumatico (come un paio di scarpe sbagliato) ha creato un piccolo nodulo sul tendine d’Achille.
Istintivamente, tendiamo ad automassaggiarlo con un movimento dolce ma deciso, che ha l’obiettivo di sciogliere il nodulo (il quale normalmente richiede spesso due o tre mesi per il riassorbimento spontaneo).
La fibrolisi è una metodica utilizzata in ortopedia, reumatologia, fisiatria e medicina sportiva che si rivela utile e in alcuni casi indispensabile in situazioni morbose di difficile trattamento che interessano i tessuti molli e le fibrosi para e periarticolari.
Se applicata correttamente, dimostra un’efficacia superiore ad altri mezzi fisioterapici nelle aderenze post-traumatiche e post-infiammatorie con sintomatologia dolorosa e limitazione funzionale.
La fibrolisi ha importanza anche ai fini diagnostici perché rende possibile percepire e localizzare con una palpazione profonda strumentale la presenza di formazioni fibrose nel contesto dei tessuti molli.
Essi consentono di esplorare e localizzare processi reattivi anche di modesta entità grazie alla forma dello strumento e alle piccole dimensioni delle punte esploranti e di trattare anche zone situate in profondità.
Quante fasi di trattamento ci sono?

Ci sono sempre due fasi di trattamento o diagnosi/trattamento: fase ispettiva manuale e strumentale.
➡ Manualmente si utilizza la tecnica di palpazione profonda eseguita con un dito. Le formazioni corpuscolari possono essere avvertite con la percezione tattile sfumata.
➡ La sensazione che si prova può essere paragonata a alla compressione di un granello di sabbia, posto su una superficie dura, e infrapposto da un fazzoletto piegato in otto.
➡ Il fibrolisore, per le sue peculiarità che lo differenziano dalle dita (come, ad esempio, il materiale inflessibile e le ridotte dimensioni della punta) , a questo punto diventa uno strumento di riferimento determinante sia a livello diagnostico che correttivo.
➡ La differenza tra l’indagine manuale e quella strumentale è molto semplice da descrivere:
immaginate di avere una tela stesa su un piano e farvi scorrere sopra il polpastrello; dopodiché ripetete l’operazione con l’unghia. Quest’ultima, per durezza, ci fa avvertire una caratteristica vibrazione.
Ispezione superficiale
➡ Considerando le limitazioni delle dita sopraindicate, ci si avvale del fibrolisore per la ricerca delle formazioni fibrose.
➡ Se ipotizzassimo che formazioni fibrose siano superficiali e ben comprimibili su un piano osseo, sarebbe sufficiente appoggiare la “punta esplorante” sulla cute sovrastante ed eseguire dei brevi movimenti di “va e vieni” facendo scorrere la cute stessa sui piani profondi, esercitando una debole pressione.
➡ La sensazione che si percepisce tramite lo scorrimento del ferro è quella di un’asperità amplificata dalla vibrazione dello strumento.
Ispezione profonda
➡ Se, invece, si ha necessità di esplorare una zona profonda o muscolare (a seguito di un’ispezione manuale orientativa), si afferra saldamente la massa muscolare fra pollice e medio della mano non dominante (quella dominante impugna il ferro), e la si solleva pinzandola e seguendo il decorso delle fibre.
➡ Successivamente si affonda la punta dello strumento nella piega, curandosi che la porzione di cute e muscolo prelevata riempia in toto la convessità del ferro.
➡ Successivamente si esegue un movimento bimanuale sincrono di “va e vieni”.
Gli esiti corpuscoloaderenziali
➡ La fibrolsi diacutanea originale di Kurt Ekman si basa su un principio molto semplice:Il trattamento degli esiti corpuscoloaderenziali di fibrosite (1920).
Eziopatogenesi degli esiti corpuscoloaderenziali:Processo infiammatori o edemi post traumatici (essudato SIERO-FIBRINICO non riassorbito che SI “ORGANIZZA” grazie all’aggregazione delle PROTEINE in esso contenuto).
NB: per giungere a tale organizzazione sono spesso necessari anni.
Come si esegue un trattamento di Fibrolisi?

➡ Segue la strategia dell’ispezione profonda, ed avendo precedentemente evidenziato le formazioni corpuscolari (o aderenziali) responsabili della sintomatologia, si agganciano con la punta del fibrolisore e si frammentano con piccoli e veloci movimenti a scatto.
➡ La mano non dominante, muovendosi in sincronia con quella che impugna il ferro, è di supporto nello spostamento del tessuto la cui inerzia, se gravasse totalmente sul fibrolisore, potrebbe penetrare nel tessuto; quindi lesionarlo. (Vale solo per i ferri particolamente “taglienti”).
Che cos’è la Coppettazione?
La coppettazione è una tecnica antichissima e consiste nell’applicazione sulla pelle di coppette a “vuoto d’aria” (suzione).
Si suddivide in statica e dinamica.
L’applicazione produce come effetto un’alterazione dei flussi energetici del corpo mediante una stimolazione della circolazione sanguigna e linfatica.
La coppettazione si può quindi considerare anche una terapia “riflesso-stimolante” poiché sfrutta i principi della medicina tradizionale cinese agendo sulle cosiddette zone riflesse.
Tramite essa è possibile ripristinare l’equilibrio e ristabilire la funzionalità dell’organo o dell’apparato in disarmonia.
Fu Ippocrate, medico greco del III-IV secolo a.C. a gettare le basi teoriche della coppettazione e a fornire indicazioni precise sulla modalità corretta di applicazione.
In Cina rientrò tra le tecniche curative che utilizzano il calore della medicina tradizionale cinese associata spesso al massaggio e all’agopuntura.
Fu Bernard Aschner, Medico austriaco, che agli inizi del ‘900 la rivalutò e introdusse tale pratica tra le tecniche terapeutiche.
Il colore segni da coppettazione dipendono dal livello di stagnazione nella zona, e vanno da un rosso acceso al viola scuro, solitamente della durata di tre giorni a una settimana (a volte più a lungo se la persona è molto malata o sedentaria).
Se non è presente stagnazione, ci sarà solo un segno di luce rosa che scompare in pochi minuti o un paio di ore.
Siti dove sono vecchi traumi o lesioni possono richiedere più trattamenti di coppettazione.
I marchi saranno visibilmente più leggeri man mano che i patogeni vengono sistematicamente rimossi dal corpo.
Se i segni si presentano con una tonalità di viola più intenso, generalmente indicano una maggiore stagnazione di sangue, e probabilmente l’origine dei dolori avvertiti dal paziente si trova appena sotto quella zona che, pertanto, costituisce il punto in cui bisognerebbe concentrare l’applicazione delle coppette o altri trattamenti in futuro.
La sensazione ottenuta dopo l’applicazione è di natura simile al massaggio, ma di direzione opposta: le coppette applicate sulla cute esercitano, infatti, una suzione richiamando i tessuti verso l’esterno.
In questo modo gli strati cutanei e muscolari non sono spinti verso l’interno del corpo, come avviene nel massaggio, ma sono trazionati verso la superficie.
Per questo motivo la tecnica trova una particolare efficacia nell’alleviare il dolore dei pazienti affetti da patologie vertebrali compressive.
La coppettazione è in grado di esercitare un’azione di allungamento forte e profonda sui tessuti, rilasciando le contratture muscolari e riducendo così la rigidità che spesso accompagna forme croniche di patologie vertebrali, emicranie e altre forme infiammatorie. Inoltre l’incremento del flusso ematico nei tessuti è in grado di migliorare l’ossigenazione a livello cellulare con una conseguente velocizzazione dei processi riparativi muscolari.
Per questo motivo la coppettazione è una pratica oggi molto popolare tra gli atleti di molti sport a tutti i livelli, compresi atleti olimpionici.
Da un punto di vista nervoso occorre considerare che al pari dell’agopuntura, la coppettazione è in grado di favorire l’ingresso del corpo in uno stato di profondo rilassamento. Il meccanismo sul sistema nervoso centrale attraverso cui avviene questo fenomeno non è ancora chiaro, tuttavia è dimostrata la capacità di questa tecnica di modulare i livelli di alcuni ormoni coinvolti nella percezione del dolore.
Il profondo stato di rilassamento ottenuto crea un substrato favorevole al recupero muscolare, oltre a poter essere utilizzato nei molti casi di patologie a sfondo ansioso-depressivo.
Nonostante la ricerca scientifica sia ancora limitata è noto che l’efficacia della coppettazione sia dovuta alla capacità di incrementare il flusso ematico nei tessuti, dilatando i capillari e creando un’alterazione della struttura della cute.
Da un punto di vista ormonale è stato osservato come l’applicazione delle coppette sia in grado di modulare i livelli locali di sostanza P sierica, un ormone responsabile della percezione del dolore.
L’applicazione delle coppette favorisce la migrazione locale di cellule del sistema immunitario capaci di sostenere e velocizzare i processi riparativi a livello cellulare.
Non secondariamente il noto incremento del flusso ematico locale ha dimostrato un ruolo importante nel velocizzare il processo di spegnimento dell’infiammazione.
Grazie per il tempo concessoci a presto Corrado. Buon Lavoro

Massofisioterapista specializzato in terapia fisica strumentale, nel trattamento delle sindromi dolorose e in rieducazione posturale Mezieres. Iscritto all’Ordine TSRM delle Professioni Sanitarie

Rosario Bellia
complimenti Corrado chiaro e preciso come sempre, ciao.