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Alluce valgo: una guida completa

Quando si parla di alluce valgo, si fa riferimento ad una deformazione, che interessa il primo dito di un piede o di entrambi i piedi.

Quest’ultimo appare deviato lateralmente, in direzione delle altre dita del piede, mentre vi è una sporgenza mediale del primo osso metatarsale.

In genere, si tratta di una deformità dell’osso, che viene associata alla presenza di una infiammazione costante o recidiva, la quale investe la borsa mucosa, situata alla base dell’impianto dell’alluce interessato dalla deformità.

L’alluce valgo si riconosce da subito, in quanto il primo sintomo che si manifesta è il dolore, il quale è naturale riflesso di un cambiamento presente nell’anatomia del piede.

Questa deviazione dell’alluce verso il lato esterno si verifica all’altezza della prima testa metatarsiale, ossia dell’attaccatura del dito, e va ad evidenziare la formazione di una sporgenza, nota anche con il nome di cipolla, che sta ad indicare la presenza di una borsite.

La borsite non è altro che un’infiammazione molto dolorosa, la quale tende a peggiorare a causa dello sfregamento della zona già dolente e infiammata con l’interno della scarpa.

Nei casi in cui l’alluce valgo non sia trattato in modo tempestivo, può peggiorare nel tempo.

Infatti, questo disturbo si manifesta prima con l’alluce rivolto verso il secondo dito, per poi causare un cambiamento nell’allineamento delle ossa del piede.

In ragione di ciò, è sempre consigliato rivolgersi ad un medico, in modo da avere una valutazione della condizione del piede e da avere indicazioni sul tipo di trattamento più idoneo nel caso concreto.

In sostanza, dunque, quella dell’alluce valgo è una vera e propria patologia del piede, anche molto diffusa, in modo maggiore tra le donne, piuttosto che tra gli uomini.

Con il progredire della condizione di valgismo, il paziente può arrivare ad avvertire un dolore anche molto intenso nel piede e ad accusare una ridotta capacità di movimento dell’alluce, con una deformazione che si rende più o meno invalidante.

Nel casi di alluce valgo più gravi e ad uno stadio più avanzato, la sua deviazione può causare l’accavallamento dell’alluce con il secondo dito del piede e la pelle che ricopre la cosiddetta cipolla arriva a presentarsi rossa e molto dolente.

Alluce valgo cause  

Non esiste una categoria di soggetti più a rischio di sviluppare una problematica di alluce valgo, anche se, come già anticipato, si è riscontrata una maggiore incidenza del disturbo all’interno del sesso femminile e, in particolare, in età più avanzata.

L’insorgenza di un disturbo quale quello in esame può derivare da una serie di cause.

In particolare, la deformazione può derivare da:

  • una predisposizione genetica;
  • una malformazione congenita;
  • l’utilizzo di calzature sbagliate, che presentino una pianta troppo stretta, una punta troppo stretta o un tacco troppo alto;
  • eventuali lesioni a carico del piede;
  • problemi di peso, di postura o di tono muscolare;
  • alcuni tipi di artrite.

Dunque, in sostanza, si distingue tra due tipologie principali di cause di alluce valgo.

La prima tipologia è data dalle cause congenite, in quanto hanno maggiori probabilità di sviluppare l’alluce valgo nella fase di crescita le persone che abbiano un’alterazione del piede presente già durante la nascita, come nel caso di piede piatto o piede valgo.

Inoltre, spesso vengono in rilievo fattori predisponenti, legati ad un’ereditarietà del disturbo.

L’ereditarietà, infatti, è il primo sospetto che viene soprattutto quando si presenta un caso di alluce valgo in giovane età.

La seconda categoria di cause di alluce valgo è costituita dalle cause acquisite o secondarie, come avviene nelle forme traumatiche, rachitiche o infiammatorie.

In questi casi, come origine della patologia si individuano modelli di scarpe non idonei alla fisiologia del piede, magari perché troppo piccole, con un tacco troppo alto o una punta troppo stretta.

Basti pensare, infatti, che una scarpa che non si adatta al piede costringe l’alluce a mantenere una posizione innaturale, oltre a non assecondare una corretta pronazione del piede.

Inoltre, esistono alcune patologie che possono essere causa della comparsa dell’alluce valgo, come accade nel caso di gotta o artrite reumatoide.

Ancora, altre condizioni possono rendere il soggetto maggiormente predisposto allo sviluppo di un alluce valgo, come una accentuata mobilità dell’articolazione metatarsale, la lunghezza del primo metatarso, un tono muscolare basso, alcune malattie di natura neuromuscolare o alcune malattie del tessuto connettivo, come la sindrome di Marfan.

Alluce valgo sintomi  

alluce valgo cura

Individuate le possibili cause che possono essere all’origine di questo disturbo, è importante capire quali sia la sintomatologia caratteristica dell’alluce valgo.

In particolare, si deve considerare che i sintomi possono variare da soggetto a soggetto.

Infatti, alcuni pazienti avvertono dolore al secondo dito del piete e non all’alluce, altri lamentano un dolore violento, anche se non vi è una deformità evidente della zona.

Tuttavia, è possibile individuare una serie di sintomi, che costituiscono lo zoccolo duro della sintomatologia generale dell’alluce valgo.

Tra questi sintomi rientrano:

  • la presenza di un rigonfiamento alla base dell’alluce;
  • una deformazione della fisiologia del piede;
  • una condizione di gonfiore, di intorpidimento o di arrossamento, che può arrivare a diffondersi nella zona circostante all’alluce;
  • un ispessimento della pelle alla base dell’alluce, che si presenta callosa e dura;
  • un dolore nella zona interessata, che può essere persistente o intermittente e presentarsi anche quando il soggetto è a riposo;
  • una limitata capacità nei movimenti dell’alluce, soprattutto difficoltà a camminare, a causa del dolore.

In sostanza, il quadro clinico è rappresentato dalla presenza di una deformazione a carico della prima articolazione metotarso falangea, che appare gonfia e dolorante.

In alcuni casi, può registrarsi anche una consistente limitazione funzionale, che va a compromettere la dinamica del piede.

In genere, sulla protuberanza ossea che si forma sul brodo esterno del piede, la pelle presenta un arrossamento evidente o un ispessimento dello strato epiteliale della pelle, noto come ipercheratosi.

Questa condizione può diffondersi anche alle altre dita, soprattutto in quei casi in cui l’alluce è sovrapposto al secondo dito del piede.

Qualche volta, può accadere che il paziente non avverta sintomi nella fase iniziale della patologia, i quali diventano evidenti e importanti mano a mano che vi è un peggioramento della condizione, soprattutto in quei soggetti che continuano ad utilizzare calzature inadatte.

Come accennato, insieme all’infiammazione, può comparire una limitazione funzionale, il quale può degenerare in una sindrome posturale, che manifesta un’evidente tendenza al ginocchio valgo, con rigidità delle anche e un’accentuazione della curva lombare, che si associa ad una lombalgia cronica. 

Inoltre, spesso si manifestano fenomeni di osteoartrosi secondarie, come degenerazioni articolari, e di formazione di osteofiti.

Ulteriori segni tipici dell’alluce valgo sono:

  • calli;
  • dito a martello;
  • dolore al ginocchio, al piede e, in generale, dolori articolari;
  • edema;
  • eritema;
  • iperlordosi;
  • ipermobilità articolare;
  • ipersplenismo;
  • mal di schiena;
  • metatarsalgia;
  • onicogrifosi;
  • osteofiti;
  • parestesia;
  • rigidità articolare.

Alluce valgo diagnosi

Per diagnosticare la presenza di un alluce valgo, nella maggior parte dei casi, basterà un accurato esame fisico da parte del medico.

Questi potrà effettuare manovre specifiche, per valutare la capacità di movimento dell’alluce, e svolgere anche un esame baropodometrico, così da individuare l’effettiva distribuzione dei carichi sul piede e il conseguente grado di gravità della situazione.

Inoltre, può richiedere al paziente di sottoporsi ad una radiografia del piede, in modo da capire quale sia l’entità della patologie e da risalire alla causa scatenante.

Alluce valgo rimedi

sintomi alluce valgo

Per quanto riguarda la prevenzione, purtroppo non esistono grandi metodi per prevenirne l’insorgere.

L’unico consiglio davvero valido è quello di indossare sempre scarpe comode, funzionali e adatte alla fisiologia del proprio piede, evitando, invece, l’utilizzo di scarpe con punta o pianta stretta e con il tacco alto.

I trattamenti a disposizione per l’alluce valgo, invece, sono diversi e la scelta per uno piuttosto che per un altro dipende dalla gravità del problema e dalla relativa sintomatologia.

È possibile scegliere tra un trattamento conservativo e un trattamento chirurgico.

I trattamenti conservativi sono quelli non chirurgici e comprendono:

  • l’applicazione di una fasciatura per alluce valgo, per mantenere il piede in posizione normale, così da ridurre lo stress e il dolore;
  • la crioterapia, con applicazione di impacchi di ghiaccio sulla zona dolente;
  • la terapia farmacologica, a base di antidolorifici, antinfiammatori, come ibuprofene o paracetamolo, e pomate antinfiammatorie, con possibilità di ricorrere alle iniezioni di cortisone per la borsite o la sinovite, per contrastare il gonfiore e ridurre l’infiammazione;
  • il ricorso a cuscinetti protettivi, a correttori per separare le dita del piede o a plantari correttivi, che aiutano a distribuire il peso del corpo in modo uniforme e a gestire la pressione esercitata durante il movimento.

Dunque, il trattamento conservativo mira ad adottare le misure necessarie per ridurre la sintomatologia caratteristica di questa patologia.

Tuttavia, non è possibile far regredire la deformità attraverso il trattamento conservativo.

Nel caso in cui i sintomi dovessero essere più gravi o nel caso in cui il trattamento conservativo non abbia dato i risultati sperati, è possibile considerare una soluzione chirurgica, tramite intervento.

Intervento alluce valgo

Lo scopo della chirurgia è quello di ridurre il fastidio e la condizione di disagio derivanti dalla patologia in atto, così da riportare l’alluce nella sua naturale posizione anatomica.

L’intervento più diffuso in questo caso è l’intervento di osteotomia, che può avvenire con procedura a cielo aperto o percutanea.

Si tratta di una tecnica eseguita in anestesia locale e che consiste in una serie di tagli eseguiti sull’osso, così da correggere la deviazione del metatarso.

Altre tecniche chirurgiche utilizzate sono l’artrodesi e l’artroplastica di resezione.

Per quanto riguarda l’intervento di osteotomia, in genere, si distingue tra due diversi approcci chirurgici:

  • un approccio chirurgico classico o procedura a cielo aperto, che prevede un’apertura della pelle e dei tessuti sottostanti per via chirurgica, in modo da correggere la deformazione, attraverso l’asportazione di una parte dell’osso e l’inserimento di nuovi supporti, che siano in grado di rimettere l’alluce nella sua posizione anatomica corretta;
  • un approccio chirurgico percutaneo, che permette di raggiungere lo stesso risultato della procedura a cielo aperto, ma tramite una procedura meno invasiva; ciò permette anche di avere tempi di recupero post operatori più ridotti rispetto a quelli necessari post intervento chirurgico classico; la procedura percutanea utilizza una strumentazione specifica e viene eseguita sotto la guida di immagine radioscopiche; in questo modo, è possibile intervenire sull’osso, effettuando dei semplici piccoli fori nella pelle.

È il chirurgo a scegliere quale sia l’approccio più adatto al caso e lo fa tenendo in considerazione una serie di fattori, quali l’età, le condizioni di salute generale del paziente, l’attività professionale svolta, lo stile di vita e la gravità dei sintomi.

L’età è fondamentale, in quanto, ad esempio, per i bambini la soluzione chirurgica è rinviata, a causa del fatto che le ossa sono ancora in fase di crescita, per cui potrebbe esserci un rischio che il problema si ripresenti.

Anche le condizioni di salute generale incidono, in quanto, in presenza di condizioni mediche non ottimali, l’intervento potrebbe aumentare il rischio di sviluppare altre problematiche, come diabete, artrite o problemi circolatori.

Dunque, la chirurgia si pone come unica strada valida per la correzione dell’alluce valgo in quei casi in cui il dolore arriva addirittura ad interferire con la vita di tutti i giorni del paziente.

Inoltre, si distinguono diverse tecniche chirurgiche, a seconda che queste agiscano sull’osso o sui tessuti molli.

Lo scopo del trattamento chirurgico è la correzione della disposizione di ossa, legamenti, tendini e nervi, così da permettere l’allineamento dell’alluce con le altre dita.

L’intervento mira a rimuovere la sporgenza ossea, ossia il tessuto osseo in eccesso, che costituisce la cosiddetta cipolla.

In seguito all’intervento, viene riallineata la superfice cartilaginea e vengono riposizionate le ossa sotto il primo metatarso, correggendo così l’angolo di valgismo.

Per quanto riguarda la durata e i tempi di recupero dell’intervento, in genere, si tratta di procedure eseguibili in day hospital, senza necessità di ricorrere ad un ricovero ospedaliero.

L’intervento è svolto in anestesia locale o generale, mentre i tempi di recupero post operatorio variano in base alla procedura scelta dal medico.

Di solito, il bendaggio viene tolto dopo circa cinque settimane e, in seguito, potrebbe essere necessario utilizzare un’apposita scarpa ortopedica post operatorio, che permette di mantenere il piede in posizione corretta, fino al consolidamento delle ossa.

Calcagno valgo: una guida completa

Il calcagno valgo o piede valgo, detto anche pronato, è una disfunzione che comporta la presenza di un’eccessiva rotazione verso l’interno del calcagno, mentre il resto del piede si direziona verso l’esterno.

Questa condizione si riscontra in molte persone, ma i sintomi e il conseguente trattamento variano a seconda dell’entità dell’anomalia.

Infatti, possono esservi diversi gradi di inclinazione, anche se, in genere, la condizione del piede calcagno valgo si manifesta in forma così lieve da essere quasi invisibile.

Il disturbo coinvolge la struttura plantare del piede, mentre, nei casi più gravi, il peso corporeo grava sulle articolazioni in modo anomalo, causando una postura errata e un’andatura scorretta.

In genere, si parla di calcagno valgo bilaterale, che interessa, cioè, entrambi i piedi, anche se vi sono casi in cui il valgismo interessa solo uno dei due piedi, il quale presenta una struttura ossea alterata.

Calcagno valgo cause

Le cause di tale condizione possono essere divise in due categorie, quali le cause congenite e le cause post-traumatiche.

Le cause congenite consistono in vizi di formazione, che si sviluppano durante l’età infantile, e in posizioni erronee assimilate in età adolescenziale.

Le cause post-traumatiche, invece, sono più diffuse e derivano da lesioni al calcagno, quali fratture, processi infiammatori e paralisi.

Calcagno valgo sintomi

I sintomi non sono immediati e possono manifestarsi anche dopo tempo.

Nella maggior parte dei casi, il primo sintomo è il dolore da fascite plantare, che aumenta appena svegli, mentre ulteriori sintomi possono essere:

  • gonfiore dell’area interessata;
  • comparsa dell’alluce valgo;
  • infiammazioni tendinee.

Calcagno valgo rimedi

È possibile individuare una problematica di calcagno o piede valgo già dopo i tre anni, in modo da procedere ad una tempestiva limitazione o correzione calcagno valgo.

Se la condizione si manifesta in forma lieve, può essere necessario ricorrere ad una radiografia per individuare l’anomalia ossea, mentre, nelle forme più severe, è visibile anche ad occhio nudo.

I rimedi previsti sono i seguenti:

  • prodotti ortopedici specifici, come plantari o calzature idonee;
  • esercizi fisici mirati;
  • applicazione di ghiaccio sulla parte dolente due volte al giorno, mattina e sera;
  • crema antinfiammatoria;
  • intervento chirurgico, nei casi più gravi.

Calcagno valgo esercizi

Quando la malformazione inizia ad essere evidente, gli esercizi da eseguire in età infantile e adolescenziale, sono un ottimo alleato.

Tra questi, consigliamo:

  • camminare scalzi più possibile, in modo da far esercitare muscoli e tendini;
  • tenere sotto controllo il peso, così da evitare la formazione di strati adiposi sull’arto;
  • camminare in punta di piedi e sui talloni con la parte esterna e poi con quella interna;
  • far raccogliere e trasportare piccoli oggetti con il piede.

Calcagno valgo intervento

Si opta per un intervento nel caso di persone adulte per le quali la terapia conservativa non possa presentare risultati significativi a causa dello sviluppo accentuato raggiunto dall’anomalia nel tempo.

In questi casi, l’intervento chirurgico più comune è quello di correzione con vite astragalica, che riesce a modificare e a posizionare l’astragalo sul calcagno e a sorreggerlo.

Nei primi giorni, saranno indicati gli analgesici da assumere e l’applicazione di ghiaccio sul collo del piede in modo da ridurre i dolori post-operatori.

Il paziente potrà riprendere la deambulazione già dopo l’intervento, utilizzando una scarpa speciale, capace di mantenere intatta la medicazione e di proteggere in modo adeguato il piede.

Si raccomanda di non eccedere con la camminata e di riposare quando occorre, in modo da velocizzare il processo di guarigione e ridurre i tempi di ripresa.

Durante la fase post-operatoria, sarà necessario seguire un percorso di riabilitazione, così da mantenere il tono muscolare e da evitare l’assunzione di una cattiva postura della caviglia.

Rimossa la medicazione, la fisioterapia aiuterà il paziente a riprendere la mobilità e la forza.

Calcagno valgo nei bambini

Il calcagno valgo indica un piede piatto flessibile nei neonati, mentre il piede piatto valgo consiste in una deformità simile che si presenta nei bambini più piccoli e negli adolescenti.

In entrambi i casi, si tratta di anomalie non strutturali, flessibili e posturali di eziologia ignota.

La diagnosi di entrambe le condizioni è clinica.

Calcagno valgo cure per i bambini

Nella maggioranza dei pazienti, il trattamento è di tipo conservativo ed eventuali sintomi dolorosi possono essere alleviati con il ricorso ad un plantare.

Solo nel caso in cui il trattamento conservativo dovesse mostrarsi insufficiente, allora si potrà procedere ad un intervento chirurgico e ad una successiva fase di riabilitazione post-operatoria.

L’infiammazione del Tendine Tibiale Posteriore

Il muscolo tibiale posteriore è situato nella zona tra il ginocchio e la caviglia e continua con il tendine tibiale, che passa dietro il malleolo mediale e che si divide in fascio mediale e fascio laterale: il primo è più robusto e si inserisce nella tuberosità dell’osso navicolare, mentre il secondo è più debole e si fissa alle tre ossa cuneiformi.

Dunque, il tibiale posteriore è quel muscolo che origina dal nervo tibiale posteriore nella membrana intraossea, che si trova tra perone e tibia.

Questo muscolo partecipa alla flessione del piede e ai movimenti di adduzione, rotazione e torsione interna dello stesso.

Ad esso, si affianca il tendine tibiale posteriore, che lega il tibiale posteriore all’osso: questo si trova dietro il malleolo mediale e inizia nella parte profonda del polpaccio per inserirsi nella parte interna e inferiore dell’arco del piede.

Muscolo e tendine tibiale sono fondamentali per camminare o correre, in quanto controllano il movimento di pronazione, determinano la stabilità mediale del piede e mantengono la volta plantare, ossia quella curvatura presente sotto al piede, che si adatta al suolo di appoggio e permette di scaricare pesi e sollecitazioni.

Tendinite del tibiale posteriore

Patologie al piede

Il tendine tibiale posteriore infiammato, usurato o lacerato conduce a quella patologie nota come sindrome del tibiale posteriore.

La lacerazione del tendine può essere parziale o totale e comporta la perdita da parte della volta plantare del tendine che la sorregge: ciò causa un appiattimento del piede, che può avvenire in modo graduale o improvviso.

In caso di appiattimento della volta, vi è una dislocazione del calcagno all’esterno della gamba e una riduzione della flessibilità della caviglia, in quanto si verificano una contrattura dei muscoli della gamba e una perdita di forza.

Cause della sindrome del tibiale posteriore

Il tendine tibiale posteriore può risultare danneggiato o infiammato per una serie di cause, tra cui:

  • una caduta;
  • un sovraccarico funzionale;
  • un trauma distorsivo;
  • eventuali anormalità congenite ed acquisite, come artrite degenerativa o reumatoide, sindrome dello scafoide ecc.

D’altra parte, fattori di rischio sono sicuramente diabete, ipertensione e obesità e risultano ulteriormente esposti al rischio di tale patologia le donne, i soggetti sopra i 40 anni, le persone con piede piatto, gli atleti di sport quali tennis, corsa, basket e calcio, in cui vi sono frequenti traumi da impatto.

Sintomi della sindrome del tibiale posteriore

La sindrome del tibiale posteriore è una patologia evolutiva e si sviluppa in quattro stadi, ognuno con sintomi specifici:

  • stadio iniziale: si caratterizza per un dolore dietro il malleolo mediale avvertito sia durante l’esercizio fisico che dopo un lungo periodo in piedi; inoltre, vi sono gonfiore, che indica una lesione del tendine, e tumefazione lungo il tendine; in questa fase, il piattismo del piede è minimo;
  • secondo stadio: oltre al dolore, al gonfiore e alla tumefazione, si avverte difficoltà a stare sulla punta del piede e il piattismo si presenta in modo più accentuato;
  • terzo stadio: il soggetto non riesce a sollevarsi su un piede, il piattismo è molto evidente e l’articolazione del calcagno si irrigidisce;
  • quarto stadio: i sintomi delle fasi precedenti si presentano in modo più grave, al punto da causare una degenerazione dell’articolazione tibio-tarsica.

Trattamento e cura della sindrome del tibiale posteriore

distorsione-alla-caviglia

Il trattamento di questa sindrome varia in base ad una serie di fattori, che influiscono sul percorso di guarigione, quali:

  • la storia clinica del paziente;
  • la durata dei sintomi;
  • l’entità della patologia e lo stadio a cui si è arrivati.

Prima di tutto, si deve procedere ad uno scarico funzionale del tendine, attraverso il ricorso ad un tutore o ad un plantare per tendinite tibiale posteriore.

Inoltre, si utilizzano anche terapie fisiche, come tecar, termoterapia, correnti interferenziali o diadinamiche, ionoforesi, ultrasuoni e laser.

Questi trattamenti spesso vengono affiancati anche da massaggi e digitopressioni, esercizi di tipo propriocettivo e bendaggi kinesiologici o funzionali.

Come cura domiciliare, il soggetto può applicare il ghiaccio o eseguire esercizi di allungamento dei muscoli posteriori della gamba.

Nella maggior parte dei casi, non è necessario l’intervento chirurgico, il quale è riservato ai soli casi in cui la fisioterapia plantare e la terapia conservativa non abbiano prodotto gli effetti sperati.

Le moderne procedure chirurgiche sono poco invasive e si riducono ad una piccola incisione, con conseguente riduzione anche del periodo di convalescenza.

Tuttavia, se si tratta di una problematica più rilevante, quali artrosi o deformità, l’operazione diventa di tipo più invasivo, in quanto si devono inserire innesti ossei per correggere l’eccessiva pronazione.

Piede pronato e piede supinato

Differenze tra piede pronato e supinato: rimedi e terapie

Pubblichiamo un articolo focalizzato sul piede pronato e supinato spiegando le differenze fra le due problematiche. L’iperpronazione e l’ipersupinazione possono portare ad un eccesso di carico sulle gambe e sul corpo. Sapevi che molti traumi ed infortuni subiti dal nostro sistema locomotore sono dovuti a problemi che interessano il piede? La postura si altera e tutto questo porta a conseguenze a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.

Patologie che colpiscono il piede trascurate o non curate adeguatamente possono causare, a lungo andare, infiammazioni e fratture delle articolazioni. I classici esempi sono disturbi come tallonite, fascite plantare, tendinite, spina calcaneare.

Il piede piatto (pronato o pronatore) o cavo (supinato o supinatore) deve essere diagnosticato e corretto in tempo. In questo focus, ti sveliamo come è possibile risolvere con la Fisioterapia.

Piede pronato e supinato: differenze tra piede piatto e cavo

Piede diabetico

Si fa ancora molta confusione tra piede piatto e cavo.

Il piede piatto è caratterizzato da un’alterazione della pronazione mentre il piede cavo è dovuto ad una compromissione della supinazione.

Come suggerisce il nome, il piede piatto si presenta meno arcuato: interessa l’arco mediale del piede. A seconda del grado di piattismo, l’astragalo si avvicinerà sempre più al terreno. Chi ha il piede piatto consuma, di solito, il tacco della scarpa sul lato esterno. Può succedere, però, che un’iperpronazione sulla tibio-tarsica, causando valgismo del calcagno, porti all’usura interna della suola.

Il piede cavo è la situazione opposta e porta ad una tensione tendinea e muscolare più accentuata. L’arco mediale è aumentato: questo porta ad una trazione che provoca tensione alla fascia plantare. Il piede supinato può risultare ipersupinato o iperpronato a seconda dei casi. Per correggerlo, è importante valutare se la supinazione avviene nell’avampiede o nel retropiede.

Iperpronazione e iper supinazione piede: effetti e conseguenze

Pronazione e supinazione del piede sono due atteggiamenti assolutamente normali nelle fasi di appoggio podalico (quando si cammina o si corre). Piede pronato e supinato sono caratterizzati da un appoggio errato del piede non compensato.

L’iperpronazione (eccessiva pronazione) del piede piatto spinge alla costante rotazione del piede verso l’interno dopo l’impatto sul terreno in una fase che dovrebbe, invece, essere di spinta. Questo atteggiamento errato causa tensione e rigidità muscolare ed è importante fare esercizi di stretching.

L’ipersupinazione (eccessiva supinazione) del piede cavo, al contrario, porta ad una rotazione insufficiente del piede dopo l’impatto sul suolo. Si verifica quando il piede non prona e, al contatto col terreno, ruota troppo verso l’esterno. L’ipersupinazione causa, di conseguenza, tensione eccessiva al piede e può portare alla sindrome della baldelletta ileotibiale, fascite plantare o infiammazione del tendine d’Achille. Per attenuare gli effetti negativi del piede troppo arcuato, chi corre dovrebbe eseguire stretching mirati, che agiscono sui tendini del ginocchio, polpacci, bandelletta ileotibiale e quadricipiti.

Piede piatto: sintomi e complicanze

Patologie al piede

Il problema del piede piatto (iperpronato) coinvolge il calcagno, l’astragalo ed il tendine tibiale posteriore.

Il bambino soffre dei seguenti sintomi:

– dolore accompagnato da crampi alla zona calcaneare, soprattutto di notte;

– dolori di natura posturale;

– affaticabilità durante la deambulazione;

– distribuzione disomogenea del carico del peso corporeo.

Questo disturbo, se trascurato o curato male, può portare a complicazioni: metatarsalgia, dita a martello, alluce valgo, artrosi della caviglia, tendinite, fascite plantare.

Spesso, i piedi piatti sono associati a ginocchio valgo con compromissione dell’articolazione dell’anca.

Piede cavo: sintomi e complicanze

Chi presenta il piede cavo accusa i seguenti sintomi a seconda della gravità del disturbo:

– dita che tendono ad ulcerarsi;

– formazione di callo (ipercheratosi);

– bruciore, formicolio e intorpidimento delle dita;

– dolore alla parte inferiore del piede per instabilità peritalare;

ripetuti traumi distorsivi alla caviglia.

Le possibili complicanze di un piede cavo trascurato sono metatarsalgia, dita a griffe, spina calcaneare, fascite plantare, Neuroma di Morton (nevralgia interdigitale), artrosi del retro e meso piede, lesioni a legamenti e cartilagine.

Piede piatto e cavo: diagnosi

Una diagnosi precoce è da raccomandare per sospetto di piede piatto o cavo.

In caso di piede piatto (iperpronato), lo specialista visita il paziente in carico, esegue test specifici per verificare le condizioni del tibiale posteriore, caviglia, articolazioni astragalo-scafoidea e sotto-astragalica. Prescriverà una radiografia in carico e, in casi gravi, una TAC o una Risonanza Magnetica Nucleare.

In caso di piede cavo (ipersupinato) lo specialista osserverà il paziente (mentre cammina), eseguirà test mirati, prescriverà una radiografia di piede e caviglia in carico o RMN. Per escludere una causa neurologica (che potrebbe causare paralisi del muscolo o contrattura dell’antagonista), sarà necessaria una diagnosi eseguita dall’ortopedico insieme al neurologo.

Come correggere il piede pronato o supinato con la Fisioterapia

Visita posturologica Ryakos
Visita posturologica Ryakos

Il Fisioterapista, dopo aver esaminato la diagnosi medica ed i risultati degli esami strumentali, eseguirà una valutazione.

Il Centro Ryakos, per pianificare un programma terapeutico personalizzato, offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale.

In fase di valutazione, viene effettuato l’Esame Baropodometrico statico e dinamico con cui si otterranno dati essenziali, tra cui appoggio plantare, distribuzione dei carichi tra avampiede e retropiede, posizione del baricentro del corpo. Consente anche di verificare eventuali deficit posturali e podalici.

Per correggere il piede piatto o cavo, non bisogna mai intervenire prima dei 10 anni né utilizzare plantari prima di questa età.

Prima dei 10 anni, è importante far eseguire al bambino con piede iperpronato o ipersupinato diversi esercizi terapeutici. In fase di crescita, è possibile recuperare e risolvere il problema.

Nei casi lievi e di media entità, si interviene sul piede piatto o cavo attraverso le seguenti terapie:

Fisioterapia riabilitativa e rieducazione motoria con esercizi terapeutici (stretching, rinforzo muscolare, esercizi propriocettivi);

Rieducazione Posturale Globale metodo Mezieres;

Ortesi plantare personalizzata in base alle condizioni del paziente.

I casi più gravi di piede piatto o cavo richiedono un intervento chirurgico mini invasivo.

Piede piatto e cavo: l’efficacia del metodo Mezieres

Chi soffre di piede iperpronato e ipersupinato presenta sempre un’alterazione posturale a causa delle problematiche che interessano l’appoggio podalico..

La terapia più efficace e risolutiva per i deficit posturali si chiama Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres.

Si tratta di una tecnica riabilitativa che va ben oltre gli esercizi terapeutici o l’utilizzo dei plantari su misura. Questo percorso è altamente raccomandato dai fisioterapisti qualificati.

Il metodo Mezieres è in grado di correggere la postura di tutta la colonna vertebrale, degli arti inferiori (piedi inclusi) e superiori. Il segreto consiste nel progressivo allungamento della catena muscolare posteriore. Ripristinare l’equilibrio posturale significa evitare recidive se il paziente tende ad essere soggetto ad infortuni.

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Piede diabetico: la terapia efficace

Piede diabetico: la terapia efficace che non tutti conoscono

Ci occupiamo di una sindrome considerata invalidante, quella del piede diabetico, che rappresenta una complicanza cronica del diabete mellito. Tale sindrome provoca alterazioni anatomico-funzionali che interessano il piede e la caviglia dovute a neuropatia o arteriopatia occlusiva periferica.

Il diabete (iperglicemia cronica) altera il flusso sanguigno e l’ossigenazione dei tessuti e può provocare diverse complicanze, tra cui insufficienza renale, patologie cardiache, cecità, problemi del sistema circolatorio e nervoso. Chi ne soffre è più soggetto ad infezioni cutanee croniche e formazione di ulcere.

Il piede diabetico interessa il 25% dei soggetti diabetici e rappresenta un forte indicatore di malattia cardiovascolare che incide su cuore e cervello. Può coinvolgere le arterie degli arti inferiori ma anche le coronarie.

Si tratta di una patologia complessa: la terapia più appropriata necessita di una diagnosi accurata e di un lavoro multidisciplinare di vari specialisti (diabetologo, ortopedico, cardiologo, ecc.). Il costante confronto tra diversi specialisti consente di valutare al meglio le caratteristiche della patologia analizzando in modo completo l’aspetto vascolare e/o infettivo.

Perché l’elettromedicale Flowave 2 funziona? Cos’è e quali sono i suoi benefici a lungo termine?

Piede diabetico neuropatico e neuroischemico

Piede diabetico
Piede diabetico

I quadri patologici possono essere due: piede diabetico neuropatico e/o neuroischemico che, talvolta, si manifestano insieme.

La forma neuropatica rappresenta un danno neurologico: il diabete compromette le fibre nervose sensitive, motorie e vegetative. Si ha la perdita graduale della sensibilità termica, tattile e dolorifica che incide anche sull’appoggio plantare alterandolo. Il soggetto con sensibilità compromessa tende a camminare male e si procura ferite senza accorgersi di conseguenti piaghe, lesioni ulcerative della cute e infezioni che possono aggravarsi fino alla necrosi tissutale.

Il piede neuroischemico è dovuto ad un deficit vascolare arterioso: si riduce il flusso sanguigno al piede che rischia in tal modo lo sviluppo di necrosi.

Le ulcere cutanee causate da problemi circolatori o dei nervi possono portare a pericolose infezioni: il paziente che ne è affetto può rischiare la setticemia o l’amputazione dell’arto.

Piede diabetico: sintomi

I sintomi tipici del piede diabetico sono:

  • Aumento della temperatura del piede;
  • Perdita di sensibilità e di risposta a stimoli termici, tattili e dolorifici degli arti inferiori;
  • Presenza di tagli, graffi, bolle, ulcere;
  • Formicolio, specie di notte;
  • Sensazione di punture di spillo a piedi e gambe;
  • Crampi alle gambe;
  • Pelle fredda al tatto o pallida, sensazione di avere sempre i piedi freddi;
  • Colorazione differente dei piedi (rossi, più scuri, bluastri, verdi, neri);
  • Ferite che non si cicatrizzano facilmente;
  • Formazione di calli tra le dita o nella pianta del piede;
  • Deformità del piede (superficie plantare, dita) dovuta al danno dei nervi che porta a deambulare in modo scorretto e creare lesioni ulcerose a rischio infezioni.

Diagnosi

Per conoscere il livello di gravità del piede diabetico, è necessaria un’approfondita diagnosi che prevede i seguenti esami:

  • Esame del sangue per verificare l’infezione;
  • Radiografie per controllare i danni alle ossa o un’eventuale presenza di cancrena;
  • Ecodoppler per controllare il sistema circolatorio;

La grave minaccia da scongiurare e da monitorare costantemente è un’eventuale infezione del piede diabetico.

Infezione del piede diabetico

L’infezione è una grave minaccia per la salute del paziente affetto da piede diabetico, una sorta di anticamera della cancrena o dell’osteomielite (infezione che raggiunge altri tessuti, tra cui le ossa). Va, perciò, trattata tempestivamente seppure sia difficile da diagnosticare. Spesso i sintomi (calore, rossore, dolore, indurimento) vengono confusi con la neuropatia o ischemia. La febbre, oltretutto, è assente. Generalmente, coinvolge l’avampiede, in particolare la superficie plantare e le dita. Segni e sintomi quali l’aumento del liquido infiammatorio vicino alla lesione, piede gonfio, ulcera cronica e dita arrossate possono far sospettare la presenza di un’infezione.

L’infezione può essere lieve, moderata o grave.

Ai primi due livelli, si prevede una terapia antibiotica. Nei casi gravi, è necessaria una terapia chirurgica per scongiurare l’amputazione attraverso interventi di rivascolarizzazione o ricostruzione dei rapporti articolari tra le ossa.

Complicanze come ulcere e infezioni nei soggetti diabetici sono dovute alla cattiva circolazione. I piedi di una persona diabetica non ricevono il necessario afflusso sanguigno, quindi è difficile riparare i danni cutanei. In più, la pelle diventa sottile, delicata, fragile, più soggetta a lesioni e traumi.

Piede diabetico: terapie

Oggi, grazie all’approccio multidisciplinare, a strumenti innovativi, controlli regolari e strutture all’avanguardia, è possibile salvare l’arto e scongiurare l’amputazione nel 90-95% dei casi.

Una volta eseguita la diagnosi, si valuterà la terapia più appropriata a seconda del quadro clinico.

Trattare le lesioni pre-ulcerative e ulcerative è fondamentale per scongiurare infezioni o, peggio ancora, necrosi e cancrena.

Il paziente viene educato al controllo quotidiano del piede (al pari del controllo costante della glicemia) per verificare la presenza di eventuali lesioni, ulcere o se si manifestano dolori, formicolii, insensibilità. Va posta la massima attenzione sull’igiene e sulla cura del piede: regolare ed accurato taglio delle unghie, rimozione di calli, protezione da vesciche, trattamento tempestivo di unghie incarnite o di infezioni fungine.

Deve selezionare il tipo di scarpe da indossare, adeguate all’anatomia e biomeccanica del piede, sprovviste di cuciture irregolari.

In caso di ulcere cutanee già presenti, vengono effettuate medicazioni locali e viene consigliato l’utilizzo di gambaletti gessati o apposite scarpe curative che, per un periodo di tempo, riducono il carico nella zona lesionata.

Nei casi di infezione lieve o moderata, come già detto, si ricorre alla terapia antibiotica mentre per le infezioni gravi si ricorre alla chirurgia.

Flowave 2: un trattamento efficace per il piede diabetico

Oltre ad esaminare la diagnosi medica, il Centro Ryakos offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale per pianificare un percorso terapeutico personalizzato secondo un approccio multidisciplinare, in collaborazione con altre figure professionali (primi fra tutti, il diabetologo e il cardiologo).

Flowave 2 è un elettromedicale del Sistema Integrato Novalinfa indicato per diversi disturbi: edema, linfedema, lipedema, ulcere venose e linfatiche, ritenzione idrica, infiammazioni, lesioni muscolari, patologie del microcircolo, ulcere post-traumatiche e da decubito, piede diabetico.

Questo trattamento strumentale altamente tecnologico e di elevata efficacia interviene, in particolare, sulle ulcere cutanee causate dal piede diabetico, ferite difficili che non guariscono spontaneamente e che tendono a recidivare.

Ciò che aumenta il rischio di formazioni di ulcere ed infezioni cutanee croniche nel piede diabetico è l’alterazione del flusso sanguigno e dell’ossigenazione dei tessuti.

Per capire perché Flowave 2 funziona anche nel trattamento del piede diabetico, dobbiamo conoscere quali sono le sue azioni e, di conseguenza, i benefici.

Azioni e benefici di Flowave 2

L’elettromedicale Flowave 2 genera onde sonore capaci di attivare il drenaggio linfatico e sanguigno.

E’ l’unico ad utilizzare contemporaneamente 4 mezzi fisici:

Polarterapia, che favorisce l’eliminazione di aggregati proteici;

Biorisonanza, che ripristina la funzionalità dei sistema nervoso, venoso, linfatico e muscolare;

Vacuum connettivale, che favorisce il drenaggio migliorando l’ossigenazione dei tessuti superficiali;

Veicolazione transdermica di principi attivi naturali tramite un segnale sonoro.

Riattiva il metabolismo, ripristina la corretta intensità di corrente della membrana cellulare.

Integra un sistema di valutazione e di controllo integrato che consente al terapista di monitorare la risposta fisiologica del paziente al trattamento.

La sua efficacia è elevata e a lungo termine.

Di seguito, tutti i benefici di Flowave 2:

  • Drena i liquidi in eccesso, stagnanti;
  • Aumenta il flusso periferico di sangue e linfa;
  • Rivascolarizza l’area trattata;
  • Incrementa l’ossigenazione e il nutrimento cellulare disintossicando i tessuti;
  • Riduce infiammazione, dolore, senso di stanchezza e pesantezza dell’arto;
  • Elimina le aderenze tissutali;
  • Aumenta il tono e l’elasticità della pelle;
  • Rigenera i tessuti;
  • Potenzia il sistema immunitario..

Seguendo un trattamento completo, la condizione patologica non si ripresenta.

Flowave 2: controindicazioni

Non tutti i pazienti possono sottoporsi a questo trattamento, che risulta controindicato in caso di:

  • Gravidanza;
  • Pace-maker e protesi metalliche;
  • Ipertensione e disturbi cardiaci gravi;
  • Infezioni sistematiche;
  • Epilessia;
  • Tromboflebiti;
  • Cartilagine in aumento;
  • Placche stabili. 

Affidati esclusivamente a centri qualificati come il nostro.

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Come correggere il piede piatto o cavo

Come correggere il piede piatto e cavo dell’adolescente

Affrontiamo due problemi opposti che interessano l’appoggio podalico per spiegarti come correggere il piede piatto e cavo dell’adolescente. Si tratta di caratteristiche ortopediche frequenti nei bambini e nei ragazzi che si possono e si devono correggere. E’ fondamentale per mantenere la giusta postura ed evitare conseguenze a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.

Il piede è un organo recettoriale posturale: fornisce al cervello informazioni sul corpo (posizione nello spazio, equilibrio, oscillazioni). Per questo motivo, spesso patologie del piede possono trovare una spiegazione nella postura, rappresentare la causa diretta di una postura alterata. Le patologie del piede piatto e cavo snaturano la forma ma anche tutta la struttura del piede

Fino a 6-7 anni nei bambini può risultare normale avere i piedi piatti: la pianta poggia a terra quasi del tutto. Iniziando a camminare, il contatto con varie superfici va a favorire la normale crescita del piede. La direzione corretta del calcagno è proiettata in avanti, verso l’esterno. Se un piede non è arcuato come dovrebbe, il calcagno si piega verso l’interno.

Il piede cavo è più frequente di quello piatto, contrariamente a quanto si credeva in passato. Rappresenta la situazione opposta. E’ caratterizzato da un’accentuata concavità dell’arcata plantare e da un abbassamento del primo metatarso. In sostanza, l’area di appoggio podalico si limita alla parte anteriore ed al calcagno: la zona di mezzo è esclusa.

Un video introduttivo sull’anatomia del piede

Cosa fare per risolvere i due problemi?

come correggere il piede cavo o piede piatto

Come correggere il piede piatto e cavo dell’adolescente: qual è l’età migliore

Qual è l’età migliore per correggere il piede piatto e cavo? Di solito, tra gli 8 e i 13-14 anni. Oltre questa età la possibilità di risolvere il piattismo e il cavismo potrebbe ridursi.

Prima di approfondire l’argomento e, soprattutto, di spiegarti come correggere il piede piatto e cavo dell’adolescente, dovresti sapere che il piede ha necessità di essere cavo e piatto.

Durante la camminata, in fase di appoggio, il piede si comporta come un ammortizzatore diventando piatto. In fase di spinta propulsiva, si comporta come una leva rigida e deve diventare cavo.

Di conseguenza, il piede cavo è avvantaggiato nella fase di spinta e svantaggiato nella fase di appoggio perché incapace di ammortizzare.

Sintomi e diagnosi del piede piatto

Piede piatto

Il cedimento della volta plantare, la lassità della pianta del piede tipica del piede piatto (sindrome pronatoria) è la più comune deformità del piede nel bambino. Coinvolge, in particolare, tre strutture: astragalo, calcagno e tendine tibiale posteriore.

La volta mediale tende ad appiattirsi cedendo verso l’interno, il calcagno viene spinto verso l’esterno.

Fra i sintomi riferiti dai ragazzi ritroviamo: dolore crampiforme (soprattutto notturno) alla zona calcaneare, dolori posturali, affaticabilità durante la deambulazione.

L’aumentata superficie dell’appoggio podalico ha come diretta conseguenza una maldistribuzione del carico del peso corporeo. Se trascurati, a lungo andare i piedi piatti potrebbero portare a disturbi come metatarsalgia con cheratosi plantare, deviazioni dell’asse del calcagno, dita a martello, artrosi della caviglia, alluce valgo, fascite plantare, tendinite (o rottura) del tibiale posteriore, sublussazione della sottoastragalica.

In presenza di piedi piatti, si può riscontrare ginocchio valgo con deviazione della femoro-rotulea e coinvolgimento dell’articolazione dell’anca.

E’ di fondamentale importanza eseguire una diagnosi precoce per sospetto di piede piatto o cavo.

Per diagnosticare il piede piatto, l’ortopedico deve visitare il giovane paziente mentre cammina a piedi nudi: il piede va visitato in carico, quando lavora. Lo specialista deve eseguire test specifici per valutare il corretto bilanciamento di muscoli e tendini con particolare attenzione verso il tibiale posteriore ed osservare le articolazioni sotto-astragalica e astragalo-scafoidea come pure la caviglia.

E’ altrettanto utile eseguire la radiografia in carico e, nei casi più avanzati, può essere richiesta una TAC o la Risonanza Magnetica Nucleare.

Sintomi e diagnosi del piede cavo

piede cavo

Il piede cavo è caratterizzato da una deformazione della volta plantare con verticalizzazione dei metatarsi rispetto al tallone ed accentuata concavità dell’arcata plantare. Il calcagno tende a rivolgersi internamente, il primo metatarso si abbassa, l’area di appoggio si limita alla parte anteriore e al calcagno, non all’area centrale.

Le cause possono essere scheletriche, post-traumatiche o neurologiche (congenite o acquisite). Se trascurato può portare a metatarsalgia, spina calcaneare e dita a griffe.

I sintomi variano a seconda della gravità del cavismo. Le dita urtando contro la scarpa possono ulcerarsi, può verificarsi un’ipercheratosi (callo) o instabilità peritalare e conseguente dolore alla parte inferiore del piede, bruciore, intorpidimento e formicolio alle dita, cedimenti e traumi distorsivi ripetuti alla caviglia.

Il piede cavo trascurato può essere responsabile di artrosi a livello di retro e meso piede, lesioni legamentose e cartilaginee, metatarsalgia, fascite plantare, spina calcaneare, nevralgia interdigitale (Neuroma di Morton).

Il piede pre-cavo è tipico degli adolescenti: il dislivello risulta moderato, riducibile sotto carico, con meta tarsalgia che scompare a riposo.

Anche in questo caso, lo specialista durante la visita deve osservare il paziente mentre cammina, eseguire test specifici e prescrivere una radiografia del piede e della caviglia in carico (stando in piedi) e una Risonanza Magnetica Nucleare.

Se la causa è neurologica, ovviamente è necessaria una diagnosi completa eseguita dall’ortopedico in collaborazione con il neurologo. Il piede cavo neurologico può portare a paralisi del muscolo o contrattura dell’antagonista.

Come correggere il piede piatto e cavo dell’adolescente: esame Baropodometrico

esame baropodometrico napoli

Oltre ad esaminare la diagnosi medica ed i risultati degli esami strumentali, il Fisioterapista qualificato esegue una valutazione.

Il Centro Ryakos offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale al fine di programmare un percorso terapeutico personalizzato.

Si procede con l’Esame Baropodometrico statico e dinamico.

La pedana baropodometrica dispone di migliaia di sensori in grado di rilevare le pressioni esercitate dalla pianta del piede. La rappresentazione grafica che ne deriva consente di ottenere dati preziosi in fase di valutazione (della terapia più adeguata e della realizzazione dei plantari), tra cui l’appoggio plantare, la posizione del baricentro corporeo e la distribuzione dei carichi fra avampiede e retropiede.

L’esame Baropodometrico è quello di elezione. Questa analisi biomeccanica e posturale è essenziale per verificare il corretto sviluppo morfologico degli adolescenti e ricercare eventuali atteggiamenti posturali e podalici scorretti che, se trattati precocemente e tempestivamente, si possono risolvere più facilmente.

Come correggere il piede piatto: possibili terapie

plantare sportivo

Nei casi lievi e di media entità, la terapia del piede piatto può basarsi su:

  • Fisioterapia riabilitativa che prevede la rieducazione motoria ed il rinforzo di muscoli e tendini che accentuano la volta plantare. La terapia riabilitativa comprende l’esecuzione di esercizi terapeutici (mirati a ridurre eventuali dolori e migliorare la forza muscolare) e la Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres;
  • Ortesi plantare per contenere la pronazione del piede.

Una deformazione grave e rigida necessita di intervento chirurgico mini invasivo (artrorisi o endortesi) che corregge in modo efficace e definitivo una deformità importante. Mediante una piccola incisione sul lato esterno del piede (vicino al malleolo), viene impiantato un perno metallico (una vite in titanio) accanto all’articolazione sottoastragalica per limitare il movimento esagerato di pronazione riportando in asse il tallone con l’appoggio a terra. Il perno è ben tollerato e raramente viene rimosso.

Il periodo di immobilizzazione è minimo (una settimana di riposo a letto e 15 giorni di deambulazione con le stampelle). Il bambino o adolescente riprenderà a deambulare precocemente, correre dopo 2 mesi e praticare attività sportiva dopo 4-6 mesi.

Non è consigliabile inserire la vite prima dell’avvenuta maturazione scheletrica delle ossa del piede (intorno ai 12 anni).

Come correggere il piede cavo: soluzioni terapeutiche

In base all’evoluzione e riducibilità della patologia, il piede cavo può essere trattato con:

  • Fisioterapia rieducativa attraverso esercizi terapeutici (stretching, rinforzo muscolare, esercizi propriocettivi) e la Rieducazione Posturale Globale metodo Mezieres;
  • Ortesi plantare, plantari realizzati su misura per migliorare la morfologia e funzionalità del piede, per scaricare i punti di iperpressione, migliorare equilibrio e stabilità dell’avampiede diminuendo la tensione muscolare, evitare distorsioni dell’articolazione tibio-tarsica;
  • Intervento chirurgico mini invasivo, in casi rari, che può essere l’osteotomia estensoria del primo metatarsale oppure osteotomia multipla del calcagno per ripristinare il corretto asse. In caso di deformità rigida è necessario ricorrere ad un intervento di artrodesi (fusione di una o più articolazioni per bloccare il piede in posizione corretta).

Come correggere il piede piatto e cavo dell’adolescente: metodo Mezieres

Mezieres

Il bambino, il ragazzo, l’adolescente sottoposto ad Esame Baropodometrico che presenta piede piatto o cavo oggi ha una chance unica da giocarsi. Un percorso riabilitativo determinante per risolvere il suo problema che va ben oltre l’utilizzo dei plantari su misura e gli esercizi terapeutici mirati.

Il Fisioterapista qualificato, anche in questo caso, raccomanderà la Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres.

Si tratta di un percorso terapeutico e preventivo indicato anche a giovani e giovanissimi che presentano alterazioni posturali e problematiche che interessano l’appoggio podalico.

Il metodo Mezieres corregge la postura dell’intera colonna vertebrale, arti superiori e inferiori (piedi inclusi) grazie al graduale allungamento della catena muscolare posteriore.

Tendinite dei peronieri

Tendinite dei peronieri: sintomi e cura

Cos’è, come si manifesta e quali sono le cause della tendinite dei peronieri? Il nostro focus si concentra su queste domande allo scopo di rispondere a quella più importante: come si cura la tendinite dei peronei?

L’infiammazione ai tendini peronieri (o peronei) colpisce principalmente i runner per vari fattori che descriveremo più avanti.

E’ la causa più frequente di dolore alla parte laterale della caviglia, specie nella regione dietro al malleolo peroneale.

I tendini peronei, localizzati nella parte esterna della caviglia, si trovano dietro l’osso del perone: la loro funzione è gestire la rotazione del piede verso l’esterno stabilizzando piede e caviglia e proteggendo i legamenti da stiramenti e rotture. Si tratta di due tendini (del muscolo peroneo breve e peroneo lungo).

Se la tendinite viene trascurata o non curata adeguatamente e la caviglia non viene tenuta a riposo possono verificarsi strappi tendinei.

Come riconoscere, diagnosticare e curare la tendinite dei peronei? Chiedilo alla Fisioterapia d’avanguardia.

Tendinite dei peronieri: sintomi

infiammazione tendine dei peronieri

L’infiammazione ai tendini peronei si manifesta con una sintomatologia specifica:

  • Dolore concentrato nella parte esterna e posteriore della caviglia;
  • Sensazione di fastidio durante il movimento di rotazione della caviglia verso l’interno (inversione);
  • Senso di debolezza in eversione (rotazione della caviglia verso l’esterno);
  • Gonfiore localizzato;
  • Difficoltà nel camminare normalmente;
  • Lieve zoppia;
  • Leggero bruciore nella zona laterale esterna del piede.

Cause della tendinite peroneale

cura per la distorsione di caviglia

La tendinite dei peronieri, come tutte le tendiniti a carico della caviglia, può essere dovuta a diverse cause che interessano, in particolare, sportivi professionisti o amatoriali oppure legate a malformazioni ortopediche e posture scorrette.

Si può manifestare a tutte le età e può essere dovuta alle seguenti cause:

  • Overuse, ovvero sovraccarico funzionale dovuto ad allenamenti intensi o scorretti (ad esempio, modifica non graduale del carico di lavoro senza un’adeguata preparazione atletica);
  • Utilizzo di scarpe non adeguate;
  • Disturbi posturali;
  • Microtraumi da stiramento;
  • Mancanza di riscaldamento prima dell’allenamento;
  • Attività sportiva su fondi particolarmente duri o sconnessi;
  • Distorsione della caviglia;
  • Struttura articolare debole;
  • Problemi ortopedici (come il varismo della caviglia, piede cavo o piatto).

In gran parte dei casi, l’infiammazione ai tendini peronieri è originata da sovraccarichi sportivi, quando piede, dita o caviglia lavorano in pessime condizioni biomeccaniche. I continui movimenti di inversione del piede contro resistenza provocano una lesione longitudinale dei tendini.

Può essere acuta o cronica (in quest’ultimo caso, quando non si interviene tempestivamente per curare il disturbo e si trascura il problema continuando a ripetere gli stessi errori).

Spesso, la forma cronica è la conseguenza di ripetute distorsioni di caviglia.

Diagnosi di infiammazione del tendine peroneo

tendinopatia-peronieri

Per evitare che la tendinite dei peronei si cronicizzi (con sintomi che si prolungano oltre i 2 mesi), è fondamentale eseguire una diagnosi precoce.

E’ importante, quindi, rivolgersi ad un medico ortopedico per sottoporsi ad una visita accurata durante cui esaminerà l’area della caviglia alla ricerca di dolore, gonfiore, debolezza, calore, eventuale instabilità.

In seguito, prescriverà indagini strumentali.

Gli esami strumentali indicati per questo tipo di problema sono la radiografia della caviglia, la Risonanza Magnetica Nucleare per valutare le condizioni dei legamenti e della cartilagine e l’esame ecografico per indagare in modo approfondito lo stato dei tendini.

L’indagine strumentale serve, oltretutto, ad escludere lesioni spesso associate alla tendinite dei peronieri come quelle che interessano la capsula ed i legamenti laterali della caviglia, i legamenti dell’articolazione sottoastragalica e delle sindesmosi che tengono uniti il perone e la tibia.

Tendinite dei peronieri: terapia conservativa e riabilitazione

Il più delle volte, l’infiammazione ai tendini peronieri non è grave ma risulta essenziale seguire un periodo di riposo e convalescenza per evitare che peggiori e si cronicizzi.

Per ridurre dolore e infiammazione e diminuire il carico sui tendini peronei, il medico prescriverà una terapia conservativa a base di:

  • Riposo ed astensione dalle attività responsabili dei sintomi per un paio di settimane. E’ necessario evitare movimenti bruschi e limitare la deambulazione;
  • Applicazione di ghiaccio più volte al giorno (da 15 minuti ciascuna);
  • Farmaci antinfiammatori e anti-edemigeni nella fase acuta evitando iniezioni di cortisone in quanto rischia di indebolire il tendine;
  • Terapia infiltrativa con acido ialuronico o gel piastrinici rigeneranti e riparativi;
  • Utilizzo di un tutore (cavigliera) per ridurre il movimento di inversione, di un plantare (per i pazienti con tallone tendente al varismo), di scarpe adeguate;

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Trattandosi di lesioni da sovraccarico, gran parte delle tendiniti dei peronieri si risolve con il riposo, l’assunzione di farmaci e la Fisioterapia senza dover ricorrere ad intervento chirurgico.

Il trattamento chirurgico è indicato soltanto se il dolore non migliora con il trattamento conservativo (dopo un anno). In caso di lesione dei tendini, si può valutare un intervento di pulizia e riparazione dei tendini. Se il tendine è particolarmente degenerato, è necessario tagliarlo e collegare il peroneo breve e lungo.

Fisioterapia d’elezione per risolvere la tendinite dei peronieri

tendinite dei peronieri

Oltre a controllare la diagnosi medica, il Centro Ryakos offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale per pianificare un percorso terapeutico personalizzato.

L’obiettivo è intervenire sulla causa, non limitarsi ad eliminare i i sintomi.

Nella prima fase, si procede con trattamenti fisici strumentali ad alto indice di efficienza per intervenire su dolore e infiammazione ovvero:

  • Tecarterapia, trattamento rigenerante d’elezione. Per i tendini viene eseguita in modalità resistiva allo scopo di migliorare la mobilità articolare e l’elasticità muscolo-tendinea. E’ bene affidarsi a Centri Human Tecar (come il Centro Ryakos) che dispongono di macchinari di ultima generazione con frequenze di lavoro brevettate in grado di garantire risultati efficaci, rapidi, sicuri e definitivi;
  • Laser Yag ad Alta Potenza che interviene sull’edema;
  • Ultrasuoni;
  • Onde d’Urto.

Ai trattamenti strumentali vengono abbinate le migliori terapie manuali e la Riabilitazione per il recupero della mobilità articolare ed il rinforzo muscolare:

  • Terapia eseguita dall’Osteopata;
  • Massaggi fisioterapici;
  • Kinesiotaping ad azione drenante per distorsione caviglia, gonfiore del piede e della caviglia;
  • Esercizi terapeutici mirati (eccentrici, stretching, mobilizzazione, potenziamento muscolare, propriocettivi, posturali) da eseguire su indicazione ed in presenza del Fisioterapista.

Un video di esercizi molto interessanti da eseguire per l’infiammazione sub-acuta o cronica dei peronieri da praticare in assenza di dolore durante il movimento

Rivolgiti al Fisioterapista se vuoi evitare complicanze

Affidarsi tempestivamente alle cure del Fisioterapista significa scongiurare la cronicizzazione della tendinite dei peronieri ed il rischio di rottura del tendine.

Oltretutto, la debolezza dei tendini e l’instabilità potrebbe portare a numerose distorsioni di caviglia che possono danneggiare la cartilagine ed i tendini stessi.

L’importanza di correggere la postura

E’ altrettanto importante eseguire un controllo tramite Esame Baropodometrico per verificare le condizioni posturali. E’ un passaggio determinante nella cura della tendinite.

In caso di problemi posturali, il Fisioterapista ti consiglierà la Rieducazione Posturale Globale con metodo Mezieres.

Questo percorso terapeutico e preventivo ha il potere di correggere la postura di tutta la colonna vertebrale, degli arti inferiori e superiori attraverso il graduale allungamento della catena muscolare posteriore.

L’obiettivo è evitare recidive, specie se la causa dell’infiammazione è legata a posture scorrette o anomalie del piede.

Tendinosi del tendine d’Achille

Tendinosi del tendine d’Achille: la cura scientifica per guarire definitivamente

In questo approfondimento, ti spieghiamo la differenza tra tendinite e tendinosi del tendine d’Achille. I due termini, spesso confusi, riguardano due condizioni diverse: acuta la prima, cronica la seconda.

Il tendine achilleo colpito da tendinosi è il più grande, lungo e resistente del corpo umano. Collega i muscoli del polpaccio all’osso calcaneare (del tallone o calcagno). Ha il compito di garantire una riserva di energia elastica quando si cammina, si salta o si corre. La singolare elasticità del tendine d’Achille permette di aumentare l’efficienza del movimento durante la corsa.

Come riconoscere la tendinosi del tendine achilleo? Quali sono le cause e come diagnosticarla? Ma, soprattutto, come curarla in modo efficace? Scopri la Fisioterapia d’avanguardia per guarire definitivamente.

Tendinite e tendinosi del tendine d’Achille a confronto

tendinosi tendine d'achille

Il tendine d’Achille è molto resistente ma può ammalarsi a causa di un sovraccarico funzionale ed eccessive sollecitazioni meccaniche. La zona d’inserzione del tendine è scarsamente vascolarizzata, ecco perché è più soggetto a degenerazione.

Quando si parla di tendine d’Achille, è facile imbattersi in due definizioni: tendinite e tendinosi. Talvolta, i due termini si confondono. Qual è la differenza tra tendinite e tendinosi?

La tendinite è un processo infiammatorio acuto che interessa lo strato connettivale (peritenonio) che circonda il tendine: per l’esattezza, si parla di peritendinite. E’ un’infiammazione dolorosa dovuta ad usura, sovraccarico funzionale, sforzo prolungato ma, con una cura adeguata (Fisioterapia inclusa), l’attacco acuto cessa in un breve periodo di tempo ed il tendine recupera la sua normale elasticità.

La tendinosi, invece, è un processo degenerativo della struttura tendinea, una sofferenza cronica che compromette il tendine d’Achille. Il paziente sente molto dolore quando contrae il muscolo. Il tendine aumenta di volume e perde la sua elasticità.

La tendinosi si verifica quando l’attacco acuto non riesce a guarire completamente a causa di una terapia inadeguata o non eseguita attentamente, oppure in caso di rientro in campo prematuro, quando lo sportivo non osserva il riposo raccomandato dal medico o non si sottopone ad un ciclo di Fisioterapia completo. Muscolo e tendine infiammati vengono sforzati troppo, le infiltrazioni cortisoniche mentre attenuano il dolore rischiano di danneggiare ancora di più il tendine già compromesso. Nel frattempo, il paziente riprende a praticare sport e il tendine rischia di rompersi.

I principali tipi di tendinosi

tendinosi del tendine d'achille

Quali sedi colpisce maggiormente la tendinosi?

Seppure il processo degenerativo possa coinvolgere qualsiasi tendine del corpo umano, statisticamente parlando i tendini più colpiti da tendinosi sono quelli situati in prossimità di articolazioni importanti (spalla, gomito, ginocchio, caviglia, anca e tendine d’Achille).

Tra le tendinosi più frequenti e rilevanti, spiccano l’epicondilite laterale (gomito del tennista), la tendinosi al tendine rotuleo (ginocchio del saltatore) e la tendinosi del tendine d’Achille (o tendinosi achillea).

Il tendine d’Achille unisce i muscoli del polpaccio all’osso posteriore del piede (calcagno).

Come tutti i tendini (e, in generale, il nostro corpo) anche il tendine d’Achille col passare degli anni è soggetto ad un processo degenerativo. Il rischio infortuni aumenta, di solito, dopo i 35 anni, soprattutto se il soggetto interessato pratica sport da diversi anni.

La tendinosi achillea si sviluppa progressivamente, non compare all’improvviso.

E’ legata, di frequente, ad un accumulo di traumi e lesioni che, nel tempo, possono compromettere e danneggiare gradualmente e in modo pressoché definitivo la corretta funzionalità ed attività del tendine stesso.

Tendinosi del tendine d’Achille: cause

La tendinosi a carico del tendine achilleo colpisce soprattutto (ma non solo) soggetti di sesso maschile che praticano sport (calcio, basket, corsa, pallavolo, ecc.) o determinati lavori usuranti per il fisico.

Ecco quali sono tutte le possibili cause:

  • Sovraccarico funzionale responsabile di microtraumi ripetuti, dovuti a sforzi di natura sportiva (stretching inadeguato, mancanza di riscaldamento, allenamento insufficiente, ripresa precoce dell’allenamento dopo un’infiammazione acuta, rapido aumento dell’intensità dell’attività sportiva, cambiamento improvviso del terreno di allenamento);
  • Utilizzo di scarpe inadeguate alla fisiologia ed anatomia del piede;
  • Età avanzata;
  • Sovrappeso, obesità, squilibri alimentari;
  • Fattori congeniti (piede pronato, piatto, cavo o valgo, malformazioni del piede, della caviglia o della gamba, alterazioni della dinamica tibiotarsica, arto inferiore mal allineato);
  • Muscolatura scadente in quanto il tendine lavora di più per compensare un muscolo debole;
  • Disturbi metabolici come diabete o gotta;
  • Patologie del collagene come artrite reumatoide e lupus eritematoso sistemico;
  • Ripetute infiltrazioni di cortisone;
  • Assunzione di farmaci come antibiotici (ciprofloxacina) o statine;
  • Vizi posturali;
  • Formazione di calcificazioni;
  • Esiti di malattia di Haglund che provoca la formazione di una protuberanza ossea al calcagno.

Tendinosi del tendine achilleo: sintomi

infiammazione del tendine d achille

I sintomi tipici della tendinosi del tendine d’Achille sono:

  • Dolore bruciante in corrispondenza del tendine colpito, che peggiora durante e dopo l’attività fisica;
  • Ispessimento del tendine;
  • Edema e gonfiore localizzato attorno al tendine interessato al processo di degenerazione;
  • Indebolimento muscolare;
  • Rigidità dell’articolazione di cui il tendine compromesso fa parte;
  • Limitazione delle capacità motorie, della mobilità della caviglia;
  • Formazione di un nodulo formato da tessuto cicatriziale lungo il decorso del tendine;
  • Calcificazione ovvero formazione di speroni ossei (crescita ossea extra);
  • Rumori articolari, scricchiolii durante il movimento o al tatto, quando di tocca il tendine;
  • Schiocco (si avverte in caso di rottura del tendine). Se la lacerazione è completa, il soggetto non riesce più a sollevare il tallone o a camminare sulle punte dei piedi.

Trattandosi di una sofferenza cronica, la sintomatologia si protrae nel tempo con dolore costante e persistente nonostante il riposo dall’attività fisica responsabile del problema.

In presenza di questi sintomi, è bene rivolgersi il prima possibile ad uno specialista per iniziare al più presto una terapia adeguata ed efficace.

Diagnosi

L’iter diagnostico di una sospetta tendinosi del tendine d’Achille prevede:

  • Esame obiettivo, la visita del medico ortopedico che include l’osservazione, la palpazione della zona sofferente, l’esecuzione di determinate manovre e test mirati. Il test di Thompson è particolarmente utile per valutare la presenza di una lesione tendinea (rottura parziale o completa);
  • Anamnesi con valutazione diagnostica che consente di stabilire la causa o l’insieme di fattori che hanno determinato la sofferenza;
  • Ecografia, esame strumentale di prima scelta che evidenzia aree di necrosi o rotture del tessuto tendineo;
  • Radiografia della caviglia (da eseguire in piedi) in grado di evidenziare la presenza di anomalie ossee, calcificazioni o patologie a carico dell’articolazione tibiotarsica e sottoastragalica;
  • Risonanza Magnetica Nucleare, utile per completare l’esame diagnostico, che fornisce maggiori informazioni sull’osso e sui tessuti molli. Serve anche per l’eventuale pianificazione pre-operatoria, in caso di necessità di un intervento chirurgico.

Tendinosi del tendine achilleo: terapia conservativa

cura tendine d achille

La cura della tendinosi del tendine d’Achille si basa, in genere, su un trattamento conservativo che prevede:

–       Riposo dall’attività responsabile dell’infiammazione del tendine per favorirne la riparazione;

–       Compressione della zona dolorosa;

–       Utilizzo di calzature ammortizzanti, di talloniera o plantare che sollevi leggermente il calcagno per scaricare il tendine;

–       Iniezioni di plasma ricco di piastrine per favorire la riparazione del tessuto tendineo danneggiato;

–       Fisioterapia mirata strumentale, manuale e riabilitativa con esercizi finalizzati a migliorare la flessibilità del tendine e rinforzare il muscolo a cui appartiene.

Se, da una parte, le infiltrazioni locali di cortisone possono attenuare i sintomi, dall’altra, tendono ad aumentare il rischio di rottura del tendine; di conseguenza, sono da evitare.

Chi soffre di tendinite trae beneficio da una terapia a base di FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), mentre in caso di tendinosi il paziente non trae alcun giovamento; anzi pare che, in certi casi, i farmaci antinfiammatori non steroidei rallentino il processo di guarigione.

Tendinosi del tendine d’Achille: Fisioterapia d’elezione per la cura definitiva

cura per la tendinosi achillea

Impostare un programma di Fisioterapia mirata è essenziale per risolvere definitivamente una tendinosi del tendine achilleo non grave.

Oltre a controllare la diagnosi medica, il Centro Ryakos programma un percorso terapeutico personalizzato offrendo una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale.

I trattamenti mirati sono di tipo strumentale, manuale e riabilitativo.

Le terapie fisiche strumentali d’avanguardia per trattare la tendinosi in modo estremamente efficace sono:

  • Laser Yag ad Alta Potenza per intervenire sull’edema;
  • Tecarterapia, trattamento rigenerante d’elezione per cicatrizzare;
  • Onde d’Urto per intervenire su un’eventuale calcificazione.

Un video delle Onde d’urto

La terapia manuale eseguita dall’Osteopata, i massaggi fisioterapici e gli esercizi terapeutici puntano a ripristinare la mobilità articolare ed al potenziamento muscolare.

Gli esercizi mirati sono quelli eccentrici (lavorando sul complesso muscolare del polpaccio), stretching, mobilizzazione, rinforzo muscolare, propriocettivi che non possono essere improvvisati ma devono essere indicati, eseguiti e seguiti dal Fisioterapista qualificato.

Controllare eventuali vizi posturali può essere determinante nella cura della tendinosi. Se attraverso l’Esame Baropodometrico riscontrerà un deficit posturale, il Fisioterapista raccomanderà  al paziente la Rieducazione Posturale Globale con  metodo Mezieres. Si tratta di un percorso unico nel suo genere in grado di correggere la postura dell’intera colonna vertebrale per evitare recidive quando la causa responsabile di lesione è associata a posture scorrette o anomalie del piede.

Se non ci troviamo di fronte a casi gravi, tutte queste soluzioni fisioterapiche portano alla soluzione definitiva della tendinosi.

Quando ricorrere all’intervento chirurgico

chirurgia tendine d'achille

Se la terapia conservativa risulta inefficace, è necessario ricorrere all’intervento chirurgico in artroscopia per riparare il tendine danneggiato.

Durante l’intervento, vengono rimossi il peritenonio (il tessuto infiammato che circonda il tendine di Achille) ed il tessuto degenerato che si trova all’interno del tendine stesso. Il tendine viene, in seguito, suturato con filo riassorbibile. Durante la fase di guarigione, il paziente indosserà un tutore per un paio di settimane allo scopo di proteggere e rilassare il tendine trattato.

In casi particolarmente gravi, si ricorre al trapianto tendineo durante cui il tendine d’Achille irrimediabilmente rotto viene sostituito da un tendine sano. Dopo l’intervento, la caviglia verrà protetta da un tutore o dalla doccia gessata per quattro settimane.

Indipendentemente dal tipo di intervento, appena possibile è necessario sottoporsi ad un programma di riabilitazione che prevede terapia fisica strumentale e manuale per scollare la cicatrice, chinesiterapia per sbloccare la tibiotarsica e la sottoastragalica, massaggi, elettrostimolazioni, esercizi di potenziamento muscolare.

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I migliori tutori per alluce valgo

Tutore per alluce valgo: i migliori in commercio

Indossare un tutore per alluce valgo funziona? Una delle deformità più comuni del piede consiste nella deviazione in adduzione del primo dito dovuta ad uno squilibrio tra i muscoli estrinseci ed intrinseci del piede e delle strutture legamentose.

Per definirlo tale, la deviazione deve essere maggiore di 20 gradi rispetto alla posizione fisiologica.

Il quadro sintomatologico comprende, oltre al dolore, un rossore cutaneo nella zona delle deviazione articolare, borsite, disallineamenti ossei, limitazione funzionale dell’articolazione metatarso-falangea, difficoltà a correre. Nei casi più gravi, si prova fastidio anche a camminare normalmente ed a salire le scale. Se l’alluce valgo non viene curato col passare del tempo può peggiorare e influire negativamente sulla deambulazione, sulla funzionalità del piede e sulla postura.

Le donne sono i soggetti più colpiti dall’alluce valgo (detto anche a cipolla), 10 volte più degli uomini. Le cause più frequenti sono il piede piatto, instabilità dell’arco plantare, fattori ereditari, l’abitudine ad indossare scarpe inadeguate o con tacchi alti per molte ore al giorno. I tacchi alti costringono l’alluce ad assumere una posizione innaturale.

Spesso, l’alluce valgo è accompagnato da altre problematiche come dita a martello e metatarsalgia plantare.

Prima di valutare l’intervento chirurgico, è bene tentare altre strade a seconda della gravità del problema tra cui l’utilizzo di un tutore ed un ciclo di Fisioterapia mirata.

Parliamoci chiaro: il tutore (correttore o divaricatore che sia) non fa miracoli. Utilizzato quotidianamente (anche di notte) può agire su un alluce valgo lieve o moderato influendo sul riallineamento dell’alluce, ridurre il problema causato dall’infiammazione e correggere la postura dell’alluce. Non può, in nessun modo, migliorare un alluce valgo in stadio avanzato. Al limite, il tutore potrà tornare utile prima e dopo l’intervento chirurgico per attenuare il dolore ed evitare recidive.

Il tutore per alluce valgo funziona?

I medici consigliano l’uso del tutore quando insorgono i primi sintomi (cipolla e distorsione del 1° raggio del piede verso l’interno).

Nello stadio iniziale, nei casi lievi e moderati, i soggetti colpiti da alluce valgo trovano sollievo nell’uso di un tutore: ha una funzione di contenimento, riadattamento, rimette il piede in asse massimizzando la buona postura e limitando il progresso patologico.

Rappresenta la terapia conservativa più efficace nei casi non gravi: non può correggere la deformità dell’alluce ma attenua i sintomi e ritarda il momento dell’intervento.

Tutore per alluce valgo correttivo e soluzioni alternative

Il tutore correttivo è facile da usare: una volta posizionato sotto l’alluce, dona subito una sensazione di benessere. E’ un supporto ortopedico che tende a raddrizzare il disallineamento esercitando una pressione sull’alluce valgo.

Ne esistono di due tipi: uno da indossare di giorno (da portare nelle scarpe) e l’altro notturno. Usati entrambi agiscono, di conseguenza, sfruttando tutte le 24 ore.

Che si tratti di diurno e notturno, il tutore è generalmente composto da un cappuccio in silicone da posizionare nella zona dell’alluce, un morbido cuscinetto da sistemare sulla deformità del piede, una banda elastica ed una cinghia posteriore regolabile.

Un altro tipo di supporto è il divaricatore, piccola struttura in silicone o lattice da porre nello spazio tra alluce e secondo dito del piede. Permette il riallineamento delle dita, previene la formazione di callosità. Alcuni modelli di divaricatori dispongono di cuscinetto posto all’altezza dell’esostosi (protuberanza dell’alluce valgo).

Le guaine protettive (in tessuto o silicone) sono progettate per evitare il doloroso sfregamento della sporgenza dell’alluce con la scarpa che provoca infiammazione e arrossamento. Dispongono di una protezione in gel per diminuire l’attrito.

Chi necessita di un supporto completo e personalizzato per problemi di postura può far realizzare da uno specialista il plantare ortopedico modellato sul piede della persona che soffre di alluce valgo. Deve essere realizzato con materiali in grado di ammortizzare il piede dal terreno sia per l’appoggio sia nella spinta del movimento.

Miglior tutore per alluce valgo: i 6 modelli top

Tra tante marche, ti suggeriamo i migliori tutori per alluce valgo in termini di materiali e funzionalità, i più venduti, apprezzati e richiesti del momento.

Footfix

Tutore in silicone ipoallergenico e atossico, resistente agli urti ed agli sbalzi di temperatura. La  forma di questo prodotto made in Italy della Natural Fit è stata appositamente studiata per combattere dolore e infiammazione e ridurre la curvatura di un alluce valgo lieve o moderato. Usato costantemente 6-10 ore al giorno permette in soli 3 mesi di migliorare le condizioni dell’alluce valgo. E’ molto versatile, avvolge il piede come una guaina alleviando subito il dolore, si può usare anche durante l’attività sportiva e con qualsiasi scarpa (anche estiva).

ValgoMed

Tutore elastico ipoallergenico la cui guaina tubolare contiene all’interno un cuscinetto di 3 mm di silicone medicale che protegge l’esostosi del primo metatarso frenando il peggioramento della situazione. Si può indossare con qualsiasi calzatura, preferibilmente a pianta larga e non a punta.

ValgoSocks

Non è un semplice tutore di correzione ma un calzino aperto sul davanti che interviene sull’aspetto biomeccanico della pianta del piede. All’interno è presente un cuscinetto metatarsale e una benda ditale che lo rende comodo e poco ingombrante. Avvolge il piede in una corretta posizione riducendo il dolore. I calzini ValgoSocks sono adatti a tutti i tipi di scarpe (tranne quelle con tacchi molto alti) e si possono indossare tutto il giorno.

Hallufix

Indicato per alluce valgo lieve e moderato, Hallufix di Eumedica è un tutore flessibile, dinamico, brevettato ambidestro, dotato di  cuscino in gel e fasce regolabili. Distribuisce la pressione in modo uniforme, offre un efficace sostegno correttivo e migliora la deambulazione. Grazie alla sua struttura semi-rigida con giuntura corregge il mal posizionamento dell’alluce e lo mantiene immobile anche in fase post-chirurgica. E’ facilmente indossabile sia di notte sia di giorno durante i lavori di routine per 2-3 ore indossando scarpe dalla pianta larga.

Un video di questo tutore

Attenzione: è controindicato per chi soffre di problemi di circolazione o diabete.

Isermeo

E’ un correttore/divaricatore da usare durante la notte indicato per alluce valgo allo stadio iniziale. Attenua ed elimina il dolore in breve tempo. E’ composto interamente in velcro, privo di stecche, si adatta alle curve del piede senza comprimere le dita o stringere. Morbido, privo di componenti rigide, dai materiali leggeri e traspiranti. Essendo un divaricatore notturno va indossato senza scarpe.

Bunion Splint

Correttore per alluce valgo composto da fasce e stecche che, nonostante l’aspetto rigido, risulta essere estremamente comodo. La cerniera laterale consente di mantenere l’allineamento dell’alluce anche quando il piede è in movimento. Il supporto all’arco plantare sostiene efficacemente il piede. Ogni parte di questo tutore (inclusa la cerniera) è regolabile. Può essere indossato 24 ore al giorno senza problemi. E’ un modello unisex, si adatta facilmente ad ogni tipo di piede.

Altre soluzioni alternative sono i tutori a marchio Roten, Farmasystem, FGP (antiscivolo), Gibaud, Foot Mate, Epitact (con sistema di termoregolazione), Aircast Hallufix Bunion Aid (con fasce regolabili e cuscinetto in gel), Otto Bock (con imbottitura in Comfortemp), Bauerfeind Valguloc (con sistema di contenimento e stabilizzazione).

Il migliori provato e testato dai nostri pazienti risulta ACTYTOE NIGHT acquistabile presso lo Store Step Salute

Alluce valgo e Fisioterapia

La diagnosi spetta al medico ortopedico che potrà, dopo la visita ed eventuali radiografie del piede in carico, prescrivere l’utilizzo del tutore per alluce valgo.

Massaggi ed esercizi specifici per ridurre gonfiore e infiammazione sono sempre utili come pure gli impacchi di ghiaccio. Il medico raccomanderà di non usare scarpe inadeguate che possono aggravare la situazione e di non stare in piedi per molte ore.

Il Centro Ryakos offre una prima visita gratuita con valutazione globale e distrettuale per programmare un percorso terapeutico personalizzato. La valutazione baropodometrica e podologica è fondamentale per pianificare il percorso terapeutico più adeguato.

Nei casi lievi o moderati, la Fisioterapia d’avanguardia può intervenire in due fasi. La prima punta a ridurre dolore e infiammazione con i migliori trattamenti strumentali:

–       Tecarterapia;

–       Laser Yag ad Alta Potenza.

A questi trattamenti strumentali viene integrata la terapia fisica e manuale con mobilizzazioni passive in trazione per migliorare la mobilità ed elasticizzare i tessuti. Viene allenato, in particolare, il muscolo abduttore dell’alluce che consente al dito la corretta posizione ed allungato il muscolo estensore dell’alluce.

L’utilizzo di un tutore per alluce valgo di qualità serve ad aumentare la stabilità del piede diminuendo la sensazione di pressione sull’alluce.

Questi trattamenti di Fisioterapia consentono di camminare senza avvertire dolore e di limitare la progressione della patologia.

Un video di alcuni esercizi molto utili

Intervento chirurgico nei casi più gravi di alluce valgo

Generalmente, sono le donne over 40 le più colpite da questa deformazione che, però, non risparmia neanche uomini o donne giovani.

Il tutore per alluce valgo funziona in caso di deformazione lieve o moderata.

Farmaci antinfiammatori o tutori ortopedici possono ridurre i sintomi ma, di certo, non sono in grado di far regredire l’alluce valgo, responsabile di dolore e destinato a peggiorare alterando progressivamente la biomeccanica del passo.

Quando l’alluce rigido o cipolla peggiora e si aggrava ed i sintomi diventano importanti e condizionanti (dolore, callosità plantari, borsite), è necessario ricorrere all’intervento chirurgico per recuperare una buona qualità della vita.

Le tecniche chirurgiche risolutive, da valutare in base alla causa e gravità della deformazione nonché della presenza di altre deformità, sono tre:

Un video interessante del Dott. Massimo Drommi

Plantari sportivi su misura

Plantari sportivi su misura: vantaggi, efficacia, benefici

Chi pratica regolarmente sport necessita di preservare il più possibile il piede (e articolazioni correlate) da traumi e infortuni: i plantari sportivi su misura servono a proteggere ed alleggerire l’arto.

Il piede (pianta, caviglia, muscolatura) è uno degli arti più utilizzati e sollecitati in fase di movimento ed attività fisica: è il punto di scarico del peso di tutto il corpo.

Se 10/15 anni fa si pensava che gli infortuni fossero causati prevalentemente da malformazioni anatomiche dell’atleta, oggi il dubbio è stato chiarito: nel 99% dei casi, gli infortuni sono dovuti ad errori di sovraccarico quantitativo o qualitativo.

L’appoggio scorretto del piede influenza negativamente l’attività motoria: attraverso la catena articolare spinge i segmenti scheletrici superiori ad assumere un atteggiamento sbagliato. Le conseguenze possono essere: affaticamento precoce, sovraccarico su calcagno e avampiede, ridotta stabilità del piede, minor spinta alla circolazione venosa periferica, disarmonico sviluppo muscolare, dolori a ginocchia, colonna vertebrale.

Indipendentemente dallo sport praticato e dall’utilizzo di scarpe progettate per la tua attività, quanto è importante integrare plantari sportivi durante l’allenamento o una gara?

Il Centro Ryakos risponde a questa domanda volentieri: realizziamo plantari su misura avvalendoci dell’esperienza del nostro podologo, il Dott. Giorgione Aldo.

Plantari sportivi su misura: vantaggi e benefici per l’atleta

plantari-su-misura

Gli sforzi, le pressioni, le sollecitazioni meccaniche e posturali derivanti da un’intensa attività sportiva, a lungo andare, posso creare problemi all’articolazione. Il plantare sportivo su misura corregge l’appoggio plantare, lo adatta alle diverse sollecitazioni durante l’allenamento. Può prevenire eventuali conseguenze o attenuare dolori dovuti a disturbi e patologie come la fascite plantare.

Per gli atleti, un supporto specifico come il plantare risulta fondamentale anche per migliorare le prestazioni (ottimizzando l’appoggio).

Vediamo quali sono tutti i vantaggi apportati dai plantari sportivi su misura:

  • Mantenere una corretta postura della struttura muscolo-scheletrica e stabilità del piede, caviglia ed articolazioni correlate correggendo eventuali deficit posturali;
  • Scaricare (alleggerire) la pressione nei punti d’appoggio soggetti a sovraccarico a causa delle eccessive sollecitazioni del piede;
  • Preservare l’arco plantare da eccessive pressioni che potrebbero essere responsabili, a lungo andare, di infiammazioni e dolori al piede;
  • Attenuare il dolore causato da patologie (fascite plantare, tallonite, tendinite achillea, spina calcaneare, metatarsalgia dell’avampiede, ecc.);
  • Correggere gli effetti di alcune disfunzioni (piede piatto o varo) per consentire un movimento corretto;
  • Prevenire conseguenze (infiammazioni, dolori, degenerazioni delle strutture articolari) dovute ad eccessive sollecitazioni al piede, pressioni sull’arco plantare o cattive posture;
  • Migliorare l’appoggio plantare nelle varie fasi di training sportivo assicurando una maggiore e più uniforme distribuzione del peso su tutta la superficie plantare;
  • Consentire un maggior equilibrio (funzione propriocettiva) e controllo della stabilità articolare;
  • Funzionare da menisco tra piede e scarpe, un supporto tra i due archi (di piede e calzature) per ammortizzare gli urti mantenendo il giusto equilibrio durante sforzi e sollecitazioni;
  • Moderare il carico in fase di riabilitazione dopo un infortunio sportivo o intervento chirurgico per un recupero graduale.

Plantari sportivi su misura: personalizzati, anzi esclusivi

plantare

I plantari sportivi servono per tutti i tipi di sport? Quasi tutti.

Ogni disciplina sportiva coinvolge il piede in modo diverso e richiede differenti gesti atletici. In più, ognuno di noi ha una propria morfologia (siamo tutti esseri unici con lunghezze degli arti, muscolatura, articolazioni, elasticità dei tendini diversi). Due buoni motivi per realizzare plantari personalizzati, anzi esclusivi, assecondando l’unicità del piede di un atleta. E’ assurdo pensare di proporre a tutti un unico modo di gestire il proprio appoggio, non credi?

Esistono sport in cui il piede si muove nudo, libero da scarpe (arti marziali, judo, ecc.). In questo caso, non è possibile inserire plantari specifici ma bisognerà prevenire traumi e infortuni il più possibile con una ginnastica adeguata che aumenti la mobilità degli arti inferiori.

Gran parte degli sport richiede l’utilizzo di scarpe sportive adeguate cui è possibile (anzi, consigliato) integrare plantari realizzati ad hoc in base alle esigenze fisiche e sportive di ogni atleta.

Alcuni sport sollecitano meno il piede, altri impongono un workout estremamente dinamico (corsa, danza, aerobica, salto, ecc.). Altre discipline sportive (che prevedono un’interazione tra corpo ed attrezzo sportivo) sollecitano il piede in modo innaturale facendolo muovere in modo anomalo (ciclismo, canottaggio, equitazione, ecc.).

Il plantare sportivo deve essere realizzato considerando due aspetti fondamentali in riferimento al giusto appoggio del piede: il gesto atletico e le esigenze dell’atleta (in base alla sua morfologia o eventuali patologie sofferte) calibrando le eccessive sollecitazioni.

Non esistono plantari che curano patologie (compito, questo, della Fisioterapia d’avanguardia).

Un professionista serio ti consiglierà sempre, oltretutto, di metterti a dieta se sei in sovrappeso e ti darà qualche consiglio in più, prima ancora di realizzare i plantari sportivi su misura per te.

Plantari ortopedici su misura: impronta in schiuma fenolica

plantare sportivo

Per la realizzazione di plantari sportivi su misura, devi fare richiesta ad uno specialista dietro presentazione della prescrizione del medico ortopedico o del medico di base indicando la patologia ed il tipo di plantare di cui necessiti.

Nel nostro Centro Ryakos, in collaborazione con il podologo Dott. Giorgione Aldo, procediamo eseguendo:

  • l’Esame Baropodometrico per il controllo preciso e computerizzato dell’appoggio del piede (in fase statica e dinamica) e della condizione posturale complessiva del paziente;
  • un’accurata valutazione podologica posturale del paziente.

Risultati alla mano, effettueremo la rilevazione dell’impronta in schiuma fenolica per ottenere una fedele riproduzione della fisiologia del piede.

Grazie a questa tecnologia, i plantari sportivi su misura sono personalizzati al massimo, esclusivi.

I materiali utilizzati devono essere traspiranti, anallergici (come il lattice) e lavorati adeguatamente. I materiali termoformabili o più innovativi permettono di realizzare in pochi millimetri di spessore plantari in grado di assorbire e disperdere l’urto generato da eccessive sollecitazioni, salti, ecc. proteggendo le articolazioni da eventuali danni.

Vengono scelti, di volta in volta, in base al tipo di utilizzo ed alla disciplina sportiva praticata dal paziente per ottenere i miglior risultati in termini di funzionalità e comfort. E’ importante sottoporre i plantari a controlli periodici per verificarne costantemente l’efficacia.